Annie Londonderry e l'Antidoto all'Impotenza Appresa: Sfidare l'Impossibile

"Nessuna donna riuscirà mai a fare il giro del mondo in bicicletta." Questa era la convinzione diffusa alla fine dell'Ottocento. Annie Londonderry – casalinga, madre di tre figli, immigrata ebrea negli Stati Uniti – decise di dimostrare che si sbagliavano. La sua storia è straordinaria non solo per l'impresa in sé, ma per quello che ci insegna su come uscire da quella condizione psicologica paralizzante che viene chiamata impotenza appresa: la sensazione di non poter incidere sul mondo, di non avere controllo, di essere intrappolati in una situazione senza via d'uscita.

Francesco Gardona

11/7/20256 min leggere

a jar of jam
a jar of jam

Cos'è l'Impotenza Appresa?

Prima di raccontare la storia di Annie, è importante capire cosa sia esattamente l'impotenza appresa (learned helplessness) e perché rappresenta una delle condizioni psicologiche più paralizzanti che possiamo sperimentare.

Il fenomeno fu studiato sperimentalmente negli anni '60 attraverso esperimenti su animali (in particolare cani) che venivano posti in condizioni dove non avevano via di fuga e non potevano sfuggire a stimoli avversi. Dopo ripetute esperienze di questo tipo, gli animali sviluppavano sintomi di natura depressiva e fobica: anche quando veniva loro offerta una via di fuga, non la cercavano nemmeno più. Avevano "imparato" di essere impotenti.

Lo stesso fenomeno accade negli esseri umani. Quando sperimentiamo ripetutamente situazioni in cui sentiamo di non avere controllo, di non poter modificare le cose, sviluppiamo progressivamente un'idea di sé come incapaci di incidere sul mondo.

E quello che rende questa condizione particolarmente insidiosa è che tende ad ampliarsi: l'impotenza appresa in un'area specifica della vita finisce per pervadere anche altre aree, anche situazioni dove effettivamente avremmo potere di azione. La sensazione di impotenza diventa generalizzata, parte della nostra identità.

Annie Cohen Diventa Annie Londonderry

Ma torniamo alla nostra protagonista. Annie nacque in Europa, nel territorio dell'attuale Lituania, e presto si trasferì negli Stati Uniti con il marito, un commerciante di origini ebree. Il suo cognome vero era Cohen, non Londonderry – ma di questo parleremo tra poco.

Annie aiutava il marito nelle sue attività commerciali, occupandosi in particolare della parte pubblicitaria. Negli Stati Uniti di fine Ottocento, la pubblicità era considerata fondamentale per il commercio, molto più di quanto non si sentisse in Europa, e Annie aveva sviluppato competenze in quest'area.

Aveva tre figli. Una vita, per gli standard dell'epoca, assolutamente convenzionale per una donna: moglie, madre, aiuto nell'attività del marito. Una vita che avrebbe potuto facilmente generare un senso di impotenza – "questo è il mio destino, non c'è alternativa, non posso cambiare le cose".

La Sfida agli Stereotipi

Un giorno Annie venne a sapere di uomini che cercavano di compiere un'impresa straordinaria: fare il giro del mondo in bicicletta. E su queste imprese si facevano scommesse in denaro, sulla riuscita o meno dell'impresa.

C'era anche una convinzione diffusa, quasi un dato di fatto: nessuna donna sarebbe mai riuscita a fare una cosa del genere.

Quella convinzione – quell'impossibilità dichiarata – solleticò Annie. La stuzzicò. E lei decise di sfidare non solo quella convinzione specifica, ma un intero sistema di stereotipi sociali riguardo le donne.

Dovete capire il contesto: la bicicletta, quando cominciò a diffondersi tra fine Ottocento e inizio Novecento, non era vista di buon occhio. E per le donne era considerata particolarmente sconveniente. Il fatto che una donna dovesse sedersi "a cavallo" sulla bicicletta, con le gambe divaricate, andava contro tutti i codici di comportamento femminile dell'epoca. Le signore, quando montavano a cavallo, sedevano di lato – mai frontalmente.

Quindi una donna in bicicletta era già considerata una cosa sconveniente. Una donna che pretendeva di fare il giro del mondo in bicicletta? Era semplicemente impensabile.

La Storia della Scommessa (Vera o Inventata?)

La storia ufficiale racconta che Annie partì per via di una scommessa: qualcuno aveva scommesso che nessuna donna sarebbe riuscita nell'impresa, e lei aveva accettato la sfida.

La verità storica è più sfumata. Un pronipote di Annie, suo biografo (c'è anche un sito internet dedicato a lei, intitolato proprio "Annie Londonderry", per chi volesse approfondire), sostiene che la storia della scommessa venne utilizzata come pretesto – che fosse vera o meno, Annie la sfruttò per legittimare socialmente la sua decisione di partire.

E qui c'è già una prima lezione importante: per uscire dall'impotenza appresa, a volte abbiamo bisogno di costruire narrazioni che rendano possibile l'impossibile, che trasformino un desiderio "inappropriato" in un'impresa legittima.

Annie non poteva semplicemente dire "voglio lasciare marito e figli per mesi e andare in giro per il mondo in bicicletta perché ne ho voglia". Sarebbe stata considerata pazza, egoista, innaturale. Ma se c'era una scommessa, un'impresa, una sfida pubblica... allora la cosa assumeva un altro significato.

Il Nome Come Trasformazione Identitaria

E infatti, Annie non partì come Annie Cohen. Partì come Annie Londonderry – un nome che aveva assunto grazie a una sponsorizzazione.

Questo cambio di nome non è un dettaglio secondario. Rappresenta una trasformazione identitaria: Annie Cohen, la casalinga e madre, lascia simbolicamente il posto ad Annie Londonderry, l'avventuriera, la pioniera, colei che sfida l'impossibile.

Per uscire dall'impotenza appresa, a volte dobbiamo letteralmente "diventare qualcun altro" – non nel senso di negare chi siamo, ma nel senso di permetterci di essere qualcosa di diverso da ciò che il contesto sociale ci ha assegnato come identità.

Lezioni dall'Impresa di Annie: Come Uscire dall'Impotenza Appresa

La storia di Annie Londonderry ci offre diversi spunti pratici per affrontare l'impotenza appresa:

1. Identificare l'"Impossibile" e Sfidarlo

L'impotenza appresa si basa sulla convinzione che "non posso cambiare le cose". Il primo passo è identificare esattamente qual è questo "impossibile" che ci paralizza e chiedersi: "È davvero impossibile, o è solo considerato tale?"

Per Annie, l'impossibile era che una donna facesse il giro del mondo in bicicletta. Per noi può essere: "Non posso cambiare lavoro", "Non posso lasciare questa relazione", "Non posso imparare questa nuova competenza", "Non posso modificare questa situazione".

Ma spesso questi "impossibili" sono costruzioni sociali, non fatti oggettivi.

2. Trovare (o Inventare) Una Narrazione Legittimante

Annie utilizzò la storia della scommessa per legittimare socialmente un'azione che altrimenti sarebbe stata considerata inaccettabile. Costruì una narrazione che rendesse possibile ciò che sembrava impossibile.

Anche noi possiamo cercare (o costruire) narrazioni che legittimino i nostri tentativi di uscire dall'impotenza. Non nel senso di mentire, ma nel senso di inquadrare diversamente le nostre azioni in modi che riducano la resistenza – nostra e altrui.

3. Creare Una Nuova Identità (Anche Simbolica)

Il passaggio da Annie Cohen ad Annie Londonderry rappresenta la possibilità di assumere una nuova identità – almeno parzialmente, almeno temporaneamente.

Per uscire dall'impotenza appresa, può essere utile permettersi di essere "qualcun altro": non la persona impotente che subisce passivamente, ma qualcuno che agisce, che prende iniziative, che ha controllo.

4. Partire da Un'Azione Concreta, Anche Piccola

L'impotenza appresa ci paralizza perché ci sentiamo completamente privi di controllo. L'antidoto è riconquistare controllo attraverso azioni concrete, anche piccole.

Annie non si limitò a sognare l'impresa – partì. Salì in bicicletta e cominciò a pedalare. Quell'azione concreta, quel primo pedale, era già una rottura del circolo dell'impotenza.

5. Usare Le Proprie Competenze

Annie aveva competenze pubblicitarie, sviluppate aiutando il marito. E le utilizzò: trovò sponsorizzazioni, costruì narrazioni, sfruttò la pubblicità per sostenere la sua impresa.

Anche quando ci sentiamo impotenti, abbiamo sempre alcune competenze, alcune risorse. Identificarle e utilizzarle strategicamente è fondamentale.

6. Accettare di Andare Contro Gli Stereotipi

Annie sapeva che stava andando contro tutti gli stereotipi sociali del suo tempo riguardo le donne. E lo fece comunque.

L'impotenza appresa spesso è sostenuta dalle aspettative sociali, dagli stereotipi, dal "così si è sempre fatto". Uscirne richiede il coraggio di deviare, di essere diversi, di accettare la disapprovazione.

La Prospettiva Interazionista: Ricostruire Il Senso di Agentività

Dal punto di vista della psicologia interazionista, l'impotenza appresa è un esempio perfetto di come le narrazioni che costruiamo su noi stessi determinino concretamente le nostre possibilità di azione.

Se costruiamo (o interiorizziamo) una narrazione in cui siamo vittime impotenti, questa narrazione diventa una profezia che si autoavvera: ci comportiamo da impotenti, non cerchiamo vie d'uscita, confermiamo a noi stessi la nostra impotenza.

Ma se riusciamo a costruire narrazioni alternative – come fece Annie – in cui siamo agenti attivi capaci di influenzare il nostro destino, allora si aprono possibilità d'azione che prima sembravano precluse.

L'intervento terapeutico sull'impotenza appresa, in un'ottica interazionista, non cerca di "curare" una patologia, ma di co-costruire con la persona narrazioni che restituiscano senso di agentività, che mostrino come l'azione sia possibile, come il controllo – almeno parziale – possa essere riconquistato.

Conclusione: Salire In Bicicletta

La storia completa di Annie Londonderry – la sua impresa, le avventure, le difficoltà che affrontò – meriterebbe ben più spazio. Ma per il nostro scopo oggi, quello che conta è l'intuizione fondamentale: l'antidoto all'impotenza appresa è l'azione che sfida l'impossibile.

Non si esce dall'impotenza appresa solo pensando diversamente. Si esce facendo qualcosa di concreto che dimostri – prima di tutto a noi stessi – che possiamo avere un impatto, che le cose possono cambiare, che non siamo completamente privi di controllo.

Per Annie, quella prima pedalata rappresentò la rottura di un circolo di impotenza che avrebbe potuto intrappolarla in una vita che sentiva troppo stretta. Per ognuno di noi, ci sarà una diversa "prima pedalata" – un'azione concreta, anche piccola, che rompe il ciclo della passività e dimostra che l'azione è possibile.

La domanda non è se siamo capaci di fare il giro del mondo in bicicletta. La domanda è: qual è la tua prima pedalata?

E voi? In quali aree della vostra vita avete sperimentato (o state sperimentando) impotenza appresa? E quale potrebbe essere quella prima azione concreta, anche piccola, che rompe il ciclo della passività?

Bibliografia

Abramson, L.Y., Seligman, M.E.P., & Teasdale, J.D. (1978). Learned helplessness in humans: Critique and reformulation. Journal of Abnormal Psychology, 87(1), 49-74.

Berger, P.L., & Luckmann, T. (1969). La realtà come costruzione sociale. Il Mulino.

Bruner, J.S. (1995). La ricerca del significato. Bollati Boringhieri.

Gergen, K., & McNamee, S. (1998). La terapia come costruzione sociale. Franco Angeli.

Maier, S.F., & Seligman, M.E.P. (1976). Learned helplessness: Theory and evidence. Journal of Experimental Psychology: General, 105(1), 3-46.

Nardone, G., & Watzlawick, P. (1990). L'Arte del Cambiamento. Ponte alle Grazie.

Salvini, A. (1998). Psicologia Clinica. Upsel.

Seligman, M.E.P. (1975). Helplessness: On Depression, Development, and Death. W.H. Freeman.

Watzlawick, P. (1988). La realtà inventata. Feltrinelli.

Zhuo, P. (2007). Around the World on Two Wheels: Annie Londonderry's Extraordinary Ride. Citadel Press.