La Guerra delle Parole: Quando il Dialogo Diventa Battaglia

"Ha demolito le sue argomentazioni", "Le sue critiche hanno colpito il bersaglio", "Ha conquistato l'opinione del pubblico". Frasi comuni, che usiamo quotidianamente senza pensarci. Ma cosa rivelano sul modo in cui concepiamo il dialogo? Rivelano che, molto spesso, trattiamo la comunicazione come una guerra. E questa metafora guida – inconsapevole ma pervasiva – trasforma ogni confronto in una battaglia, ogni conversazione in uno scontro, ogni interlocutore in un avversario da sconfiggere.

Francesco Gardona

11/10/20255 min leggere

A statue of a man riding on the back of a horse
A statue of a man riding on the back of a horse

Il Cavaliere e il Suo Feudo di Verità

Si consideri una situazione tipica: una persona si arrabbia perché non si sente compresa dal partner. Cerca continuamente argomenti per dimostrare le proprie ragioni, soprattutto quando è convinta di avere ragione. Il pattern è ricorrente, prevedibile, frustrante per entrambe le parti.

Cosa sta accadendo realmente? Sta accadendo che le opinioni vengono trasformate in verità. E una volta compiuta questa trasformazione, si comincia a difendere quelle "verità" come un cavaliere difende il territorio del suo feudo: imbracciando spada e scudo, indossando l'armatura scintillante delle proprie ragioni, andando allo scontro all'arma bianca.

Non è un modo di dire casuale. È una metafora che struttura profondamente il modo in cui si vive l'interazione comunicativa. Si arroccano le proprie posizioni. Si combattono le idee altrui. Si difendono i propri confini. Si cerca di conquistare il consenso. Si tenta di demolire le argomentazioni dell'altro.

Tutto il linguaggio che si usa per descrivere il dialogo è intriso di riferimenti bellici. E questo non è un dettaglio stilistico innocuo: il linguaggio che si usa plasma il modo in cui si concepisce e si vive l'esperienza.

La Metafora Invisibile che Guida i Comportamenti

La metafora della guerra nel dialogo è un automatismo acquisito, qualcosa che raramente viene concepito consapevolmente ma che opera costantemente sotto la superficie delle interazioni.

Si manifesta in innumerevoli espressioni quotidiane:

  • "Ha demolito le argomentazioni dell'altro"

  • "Le sue richieste sono indifendibili"

  • "Non sei d'accordo? OK, spara!"

  • "Le critiche hanno colpito il bersaglio"

  • "Ha conquistato l'opinione degli interlocutori"

  • "Ha sfondato le difese dell'avversario"

Questo tipo di linguaggio non è neutro. Ogni volta che si usa, si rinforza l'idea che il dialogo sia essenzialmente uno scontro, che ci sia qualcuno che vince e qualcuno che perde, che l'obiettivo sia sconfiggere l'altro piuttosto che comprendersi reciprocamente.

La Colonizzazione del Pensiero Altrui

La metafora bellica porta con sé una conseguenza particolarmente insidiosa: l'idea che l'obiettivo del dialogo sia colonizzare il pensiero altrui.

Si cerca di piantare la propria bandierina – come nel gioco del Risiko – sulla testa dell'interlocutore. Una volta apposta la bandierina, l'altro dovrebbe acquisire le proprie insegne, il proprio modo di vedere, la propria "verità".

È un percorso unidirezionale: si va alla battaglia per conquistare nuovi territori, demolendo i ragionamenti altrui che sono "indifendibili", sparando colpi per colpire il bersaglio, sfondando le difese dell'altro. L'altro non è un partner di dialogo, ma un territorio da conquistare.

Ma si consideri per un momento: è davvero questo che si vuole dalla comunicazione? Si vuole davvero "vincere" contro chi si ama, contro i colleghi, contro le persone con cui si condivide la vita? E anche se si "vince", cosa si è realmente ottenuto? Un partner risentito? Un collega che aspetta la rivincita? Una relazione impoverita?

E Se Cambiassimo Metafora?

Ma ecco la domanda cruciale: cosa succederebbe se si sostituisse la metafora della guerra con un'altra metafora?

Si provi a immaginare il dialogo non come una battaglia, ma come una danza.

In una danza, entrambi vincono se entrambi ballano bene. Non ci si vince schiacciando l'altro, ma coordinandosi. Non si tratta di conquistare, ma di armonizzarsi. Ciascuno cerca di condurre e di seguire, vicendevolmente, in modo tale da ottenere il plauso – della giuria, di se stessi, degli astanti.

Con questa metafora, le espressioni per descrivere un buon dialogo cambiano radicalmente:

  • "Ciascuno ha rispettato i tempi dell'altro"

  • "Hanno avuto un confronto a ritmo serrato"

  • "Non si sono pestati i piedi a vicenda"

  • "Hanno sudato insieme per salire sul podio"

  • "Sono una coppia affiatata"

Si noti la differenza fondamentale: è un percorso bidirezionale. Ognuno presta attenzione non solo a sé, ma anche all'altro. L'obiettivo non è vincere contro l'altro, ma ottenere il massimo risultato insieme.

Le Conseguenze Pratiche delle Metafore

Questa non è solo una riflessione teorica sul linguaggio. Le metafore che si usano hanno conseguenze concrete e misurabili sul modo in cui ci si comporta.

Con la Metafora della Guerra:

  • Si cerca di avere sempre ragione

  • Si accumulano argomenti per "demolire" le posizioni altrui

  • Si percepisce l'accordo come una sconfitta

  • Si difendono rigidamente le proprie posizioni

  • Si cerca di "conquistare" l'altro al proprio punto di vista

  • Il disaccordo viene vissuto come minaccia

  • La comunicazione diventa competitiva

Con la Metafora della Danza:

  • Si cerca la coordinazione

  • Si è attenti ai "tempi" dell'altro

  • L'armonia è l'obiettivo condiviso

  • Si è flessibili nei movimenti

  • Si costruisce qualcosa insieme

  • Il disaccordo è un'opportunità di arricchimento reciproco

  • La comunicazione diventa collaborativa

Il Potere Invisibile delle Metafore

Le metafore non sono semplici ornamenti retorici. Sono strutture cognitive che organizzano il modo in cui si pensa e si agisce. Come ha mostrato la ricerca in linguistica cognitiva e in psicologia, le metafore concettuali guidano inconsapevolmente il comportamento.

Quando si concepisce il dialogo come guerra, automaticamente:

  • Si assume un atteggiamento difensivo

  • Si prepara all'attacco

  • Si cercano "alleati" contro l'"avversario"

  • Si interpreta ogni disaccordo come minaccia

  • Si vive ogni concessione come perdita di territorio

Quando invece si concepisce il dialogo come danza:

  • Si cerca la sintonia

  • Si è attenti ai segnali dell'altro

  • Si costruisce una coreografia condivisa

  • Si interpreta il disaccordo come un passo da coordinare

  • Si vive l'accordo come risultato della collaborazione

Dalla Teoria alla Pratica: Cambiare Metafora

Come si fa concretamente a cambiare la metafora che guida il proprio modo di comunicare?

1. Riconoscere la Metafora Attuale

Prima di tutto, prestare attenzione al linguaggio che si usa quando si descrive o si vive un confronto. Si parla di "difendere", "attaccare", "vincere", "perdere"? Si sta probabilmente operando dentro la metafora della guerra.

2. Scegliere Consapevolmente Una Metafora Alternativa

Non deve essere necessariamente la danza. Potrebbe essere:

  • L'esplorazione congiunta: "Esploriamo insieme questo territorio"

  • La costruzione collaborativa: "Costruiamo insieme una soluzione"

  • Il viaggio condiviso: "Procediamo insieme verso una meta"

L'importante è che sia una metafora collaborativa piuttosto che competitiva.

3. Modificare Attivamente il Linguaggio

Cominciare a usare consapevolmente un linguaggio diverso:

  • Non "Ho vinto la discussione" ma "Abbiamo trovato un accordo"

  • Non "Ho demolito le sue argomentazioni" ma "Abbiamo esplorato diverse prospettive"

  • Non "Difendo la mia posizione" ma "Condivido il mio punto di vista"

4. Osservare i Cambiamenti

Notare come il semplice cambio di linguaggio cominci gradualmente a modificare anche l'atteggiamento, le emozioni, la qualità delle interazioni.

La Prospettiva Interazionista: Costruire Realtà attraverso il Linguaggio

Dal punto di vista della psicologia interazionista, questa riflessione sulle metafore è tutt'altro che accessoria. È centrale.

Il linguaggio non descrive semplicemente una realtà preesistente: la costruisce. Le metafore che si usano per parlare del dialogo non riflettono passivamente come il dialogo "è" – contribuiscono attivamente a creare il tipo di dialogo che si sperimenta.

Se si continua a parlare (e pensare) del dialogo come guerra, si continuerà a sperimentare il dialogo come guerra. Se si comincia a parlare (e pensare) del dialogo come danza, si aprono possibilità per sperimentare forme di comunicazione radicalmente diverse.

Conclusione: Disarmare il Dialogo

La metafora della guerra è così pervasiva, così automatica, che spesso non ci si rende nemmeno conto di starla usando. Si trasformano le opinioni in verità, ci si arrocca nelle proprie posizioni, si parte all'attacco con l'armatura scintillante delle proprie ragioni.

Ma forse è tempo di disarmare il dialogo. Non nel senso di renderlo debole o inefficace, ma nel senso letterale: deporre le armi, smettere di vedere ogni confronto come una battaglia, ogni disaccordo come una minaccia, ogni interlocutore come un avversario.

Perché quando si vince una battaglia comunicativa, spesso si perde qualcosa di più importante: la relazione, la fiducia, la possibilità di costruire insieme qualcosa di nuovo.

E se invece si cominciasse a danzare?

Quale metafora guida i propri dialoghi? Si sta combattendo o si sta danzando? E se si provasse consapevolmente a cambiare metafora per una settimana, cosa potrebbe accadere nelle relazioni?

Bibliografia

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