La Pleasure Revolution: Portare il Tempo Libero nel Tempo del Lavoro

Libertà, autodeterminazione, edonismo. Tre parole che evocano immediatamente l'idea di vacanza, di tempo libero, di quella parentesi felice lontano dagli obblighi quotidiani. Ma cosa succederebbe se provassimo a portare queste stesse dimensioni anche nel nostro tempo di lavoro? Viviamo in un'epoca di grande trasformazione nel modo di concepire il lavoro. La pandemia di COVID-19 ha accelerato un processo già in corso: la ricerca di un maggiore equilibrio tra vita privata e vita professionale, quella che alcuni chiamano la "Pleasure Revolution" – la rivoluzione del piacere. Ma per comprendere questa rivoluzione, dobbiamo prima capire cosa distingue davvero il tempo libero dal tempo del lavoro. E scopriremo che forse questa distinzione non è così netta – o necessaria – come crediamo.

Francesco Gardona

11/6/20256 min leggere

brown analog clock
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Le Tre Dimensioni del Tempo Libero

Gli studi sul turismo e sul tempo libero – nati parallelamente alle conquiste sindacali che hanno permesso di ridurre gli orari di lavoro e di ottenere ferie e vacanze – hanno identificato tre caratteristiche fondamentali che definiscono un'esperienza di tempo libero autentica:

1. Libertà

La capacità di scegliere cosa fare, senza che qualcuno ci dica cosa dobbiamo fare. È la libertà decisionale: "Vado al mare o in montagna?", "Leggo un libro o guardo un film?", "Esco o resto a casa?". Le scelte sono nostre, autodeterminate, non imposte dall'esterno.

2. Autodeterminazione

La possibilità di scegliere chi essere, senza dover seguire schemi precostituiti. È la libertà espressiva: posso vestirmi come voglio, comportarmi come mi sento, presentarmi al mondo senza maschere professionali o aspettative di ruolo. Sono semplicemente me stesso, senza filtri sociali obbligati.

3. Edonismo

La ricerca di esperienze che suscitano sensazioni piacevoli, che ci fanno star bene. È la dimensione del godimento, che va in contrapposizione con il tema della fatica, del dovere, del sacrificio – dimensioni moralmente accettabili, certo, ma non necessariamente desiderabili in ogni momento della nostra vita.

Il Requisito della Compresenza

Ecco la parte interessante: queste tre dimensioni devono essere tutte e tre compresenti affinché un'esperienza possa essere definita davvero gratificante come "tempo libero".

Basta che ne manchi una sola perché la nostra vacanza, il nostro weekend, la nostra serata libera cominci ad avere delle "pieghe fastidiose":

  • Posso aver scelto liberamente dove andare in vacanza, posso essermi vestito e comportato come volevo, ma se durante quella vacanza non succedono cose piacevoli o le aspettative vengono deluse, l'esperienza perde la sua qualità di "tempo libero"

  • Posso aver fatto cose piacevolissime, posso essermi sentito libero di essere me stesso, ma se qualcuno in famiglia mi ha imposto la destinazione contro la mia volontà, quella sensazione di imposizione contamina l'intera esperienza

  • Posso aver scelto tutto e goduto di tutto, ma se ho dovuto conformarmi a codici di abbigliamento o comportamento che sento estranei ("Non puoi vestirti così!", "Devi comportarti in un certo modo!"), anche questo riduce la qualità dell'esperienza

La Grande Dicotomia: Tempo Libero vs. Tempo del Lavoro

Tradizionalmente, queste tre dimensioni sono state pensate in contrapposizione netta con il tempo del lavoro. Una sorta di dicotomia: da una parte la libertà, l'espressione di sé, il piacere; dall'altra il vincolo, i ruoli predefiniti, la fatica.

Il tempo del lavoro diventa così, quasi per definizione, "una cosa meno luminosa, meno gioiosa, meno piacevole, più incasellata" – quasi una sorta di prigionia necessaria che accettiamo in cambio di uno stipendio, contando i giorni che ci separano dalla prossima vacanza.

Questa contrapposizione è talmente radicata nel senso comune che raramente la mettiamo in discussione. Il lavoro è dovere, sacrificio, obbligo. Il tempo libero è piacere, scelta, libertà. Punto.

Ma è davvero necessario che sia così?

Riportare le Tre Dimensioni nel Tempo del Lavoro

La sfida – e qui entra in gioco la Pleasure Revolution – è riportare queste tre dimensioni anche nell'ambito lavorativo. Non completamente, certo. Non si tratta di trasformare il lavoro in una vacanza permanente. Ma di capire come integrare elementi di libertà, autodeterminazione ed edonismo anche nelle nostre ore professionali.

Vediamo come questo potrebbe tradursi concretamente:

Libertà nel Lavoro: Dalla Passività alla Partecipazione

La libertà totale di fare ciò che si desidera è ovviamente impossibile in un contesto organizzativo. Ci sono intrecci relazionali, ruoli predefiniti, obiettivi condivisi. Ed è corretto che sia così – un'organizzazione non potrebbe funzionare altrimenti.

Ma libertà può significare anche compartecipazione ai processi decisionali, smettere di subire passivamente decisioni calate dall'alto che riguardano direttamente il proprio lavoro.

Un team leader che permette alle persone di essere partecipi delle decisioni che li coinvolgono sta restituendo loro un senso di libertà fondamentale: "Io posso incidere sul mio destino professionale". Non sono solo un ingranaggio che esegue ordini, ma un agente attivo che contribuisce a definire come il lavoro viene svolto.

Autodeterminazione: Negoziare i Confini del Ruolo

L'autodeterminazione nel lavoro non significa potersi vestire sempre come si vuole (anche se lo smart working ha reso questa possibilità più reale per molti). Significa soprattutto poter negoziare i confini del proprio ruolo, compartecipare alla definizione di "come posso essere" e "come devo essere" professionalmente.

Troppo spesso i ruoli organizzativi sono camicie di forza: regolamentazioni rigide, schematizzazioni di comportamenti, aspettative non negoziate. E le persone si sentono costrette "come in un abito poco comodo".

Ma se fosse possibile discutere questi confini? Se ogni persona potesse contribuire a definire le modalità espressive del proprio ruolo, adattandole (entro limiti ragionevoli) alla propria personalità e al proprio stile?

Edonismo: Il Piacere di Fare Ciò che Si Fa

Questa è forse la dimensione più complessa da integrare nel lavoro, ma anche la più rivoluzionaria. Come si fa a rendere il lavoro "piacevole"?

Una strada è la flessibilità interna: la possibilità di ridefinire il proprio ruolo in modo da includere elementi che danno particolare piacere nell'esecuzione, che si sentono più confacenti alla propria natura.

Questo significa coltivare e mettere in evidenza le capacità e i talenti della singola persona, permettendole di contribuire all'organizzazione non solo attraverso compiti standardizzati, ma attraverso ciò che sa fare meglio e che le dà soddisfazione.

Significa anche riconoscere che elementi come l'umorismo, il divertimento, la leggerezza – spesso relegati "fuori dai confini dell'area professionale" – sono in realtà già presenti sul lavoro (che ce ne rendiamo conto o no) e potrebbero essere valorizzati anziché repressi.

La Pleasure Revolution: Un Cambiamento Culturale

Quello che stiamo vivendo è un cambiamento culturale profondo nel modo di concepire il rapporto tra lavoro e vita personale. Non più due sfere separate e contrapposte – il grigiore professionale vs. la vivacità del tempo libero – ma una ricerca di omogeneità di sentimento tra l'una e l'altra.

La Pleasure Revolution, accelerata dal periodo pandemico che ha costretto molti a ripensare le proprie priorità, è la ricerca di un equilibrio in cui il lavoro non sia più solo necessità economica da sopportare, ma parte integrante di una vita soddisfacente.

Non significa che il lavoro debba diventare facile, privo di sfide, o che possiamo fare solo ciò che ci piace. Significa che può essere liberamente scelto (almeno in parte), espressivo della nostra identità, e fonte di soddisfazione – non solo di stipendio.

La Prospettiva Interazionista: Co-Costruire il Significato del Lavoro

Dal punto di vista della psicologia interazionista, questa riflessione ci ricorda che i significati che attribuiamo al lavoro non sono dati oggettivi, ma costruzioni sociali.

L'idea che il lavoro debba necessariamente essere fatica, sacrificio, rinuncia – mentre il piacere appartiene solo al tempo libero – è una narrazione culturale, non una legge di natura. E le narrazioni possono essere riscritte.

Se costruiamo collettivamente significati diversi del lavoro, se creiamo contesti organizzativi che valorizzano la partecipazione, l'espressione individuale e la soddisfazione personale, allora il lavoro stesso cambia natura nella nostra esperienza.

Non è un cambiamento che può avvenire solo a livello individuale – richiede trasformazioni organizzative, culturali, persino economiche. Ma comincia dal riconoscere che la dicotomia assoluta tra "tempo del lavoro" e "tempo libero" non è inevitabile.

Conclusione: Verso un'Integrazione Possibile

Libertà, autodeterminazione, edonismo. Tre dimensioni che non dovrebbero appartenere solo alle nostre vacanze, ai nostri weekend, ai ritagli di tempo sottratti agli obblighi professionali.

Portare queste dimensioni – con gli adattamenti necessari – anche nel tempo del lavoro non è utopia. È una possibilità concreta che molte organizzazioni stanno già sperimentando, spinte dalle richieste sempre più pressanti di lavoratori che non vogliono più vivere vite divise a metà.

La prossima volta che vi sentite intrappolati nella "prigionia" del lavoro, chiedetevi: "Manca la libertà di partecipare alle decisioni? Manca lo spazio per esprimere chi sono? Manca il piacere di fare ciò che faccio?" Identificare quale dimensione manca è il primo passo per cercare di recuperarla.

E se siete in una posizione di leadership, chiedetevi: "Cosa posso fare per restituire ai miei collaboratori un po' di quella libertà, autodeterminazione ed edonismo che tutti cerchiamo nel tempo libero?"

Perché forse il futuro del lavoro non sta nel contrapporre sempre più nettamente tempo del lavoro e tempo libero, ma nel cercare di avvicinarli, di renderli meno dicotomici, più integrati in un'esistenza che possa dirsi – tutta intera – soddisfacente.

E voi? Riuscite a trovare elementi di libertà, autodeterminazione ed edonismo nel vostro lavoro? O vivete ancora quella separazione netta tra il grigiore professionale e la luce del tempo libero?

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