L'Arte di Svicolare: I Fattori Nascosti della Procrastinazione
"Lo farò domani." "Non sono ancora pronto." "Non ho tempo adesso." Dietro queste frasi apparentemente innocue si nasconde un fenomeno complesso: la procrastinazione. Non è pigrizia. Non è semplice mancanza di volontà. È un'arte raffinata – l'arte di svicolare – che coinvolge capacità organizzative, percezione del tempo, concezione di sé, gestione emotiva e abilità relazionali. Chi non ha mai procrastinato? La domanda è retorica: tutti, in qualche momento della vita, su qualche compito specifico, hanno rimandato ciò che andava fatto. Ma per alcuni la procrastinazione diventa qualcosa di più: una strategia comportamentale consolidata che finisce per influire su aree sempre più vaste dell'esistenza.
Francesco Gardona
11/16/20256 min leggere
L'Escapologia Emotiva
La procrastinazione può essere vista come una particolare tipologia di escapologia – l'arte di scappare da determinate costrizioni che in quel momento si sente di non essere in grado di sostenere. È come liberarsi da una camicia di forza invisibile.
Chi procrastina mette in atto una sorta di evitamento. Ma cosa si sta evitando esattamente? Non sempre l'attività in sé. Spesso si evita di entrare in contatto con le proprie insicurezze, con paure profonde, con limiti che non si vogliono riconoscere. Oppure si evita di entrare in contatto con persone coinvolte in quella attività.
Si può procrastinare un progetto di lavoro non perché il progetto sia particolarmente complesso, ma perché richiede di collaborare con un collega con cui i rapporti sono tesi. Si può rimandare una telefonata non perché la telefonata sia difficile, ma perché la persona dall'altra parte del filo genera ansia o disagio.
Così facendo non si affrontano una serie di preoccupazioni. Non si è costretti ad avere a che fare con le emozioni che ne deriverebbero. Il sottofondo emozionale della procrastinazione è sempre importante: dietro ogni "lo farò domani" c'è spesso un "non voglio sentirmi così oggi".
Come Nasce l'Abitudine
La procrastinazione può diventare un'abitudine che si consolida nel tempo. Si procrastina un'attività una prima volta, poi una seconda, poi una terza. Gradualmente, questa modalità si struttura, si trasforma in una vera e propria strategia comportamentale.
Si comincia magari rimandando il pagamento di una tassa particolarmente antipatica. Poi ci si ritrova a rimandare il pagamento di multe. Poi altre scadenze burocratiche. L'area della procrastinazione si espande, contagia ambiti sempre più vasti della vita.
E una volta che l'abitudine si è consolidata, diventa sempre più difficile riconoscerla e interromperla. Non è più una scelta consapevole: è un automatismo. Di fronte a certi tipi di compiti, scatta automaticamente il meccanismo del rimando.
I Fattori Generativi: Perché Si Procrastina
Ma cosa genera questa tendenza a procrastinare? I fattori sono molteplici e interconnessi. Vediamone alcuni particolarmente rilevanti.
L'Accumulo Seriale di Attività
Si vive in vite frenetiche, piene zeppe di cose da fare. Le attività si accatastano una sull'altra, spesso senza criterio, senza prioritizzazione, senza chiedersi se siano davvero tutte necessarie. Si è accumulatori seriali di cose da fare.
Il problema è duplice. Da un lato si fanno troppe cose, e quindi si fanno male. Dall'altro si fanno anche cose superflue, che potrebbero tranquillamente essere abbandonate. Ma non si fa quella pulizia delle routine superflue, non si osserva con occhio critico quali attività abbiano davvero senso e quali no.
Si assumono compiti che potrebbero essere delegati, soprattutto nell'ambito lavorativo. Il tema della delega è centrale: spesso si tende a fare tutto in prima persona senza assegnare responsabilità a chi di dovere. E così ci si ritrova sommersi, con la sensazione di non avere abbastanza tempo per nulla.
La Gestione Inefficace del Tempo
Il tempo è una cosa impalpabile, sfuggente. E spesso non si è in grado di gestirlo adeguatamente. Ma bisogna fare una precisazione importante: in realtà non si gestisce il tempo cronologico – quello è fisso, immutabile. Si gestisce la propria efficienza mentale all'interno di un'attività specifica.
Quando un'attività diventa pesante perché non si è efficienti nel farla, l'alone emotivo negativo che rimane impedisce di riappropriarsi della medesima attività la volta successiva. Ci si porta dietro il ricordo della fatica, della frustrazione, dell'inefficienza. E questo rende ancora più probabile che quella attività venga procrastinata di nuovo.
Non si consente nemmeno a se stessi di recuperare, di riprendere fiato. Si passa da un'attività all'altra senza pause, senza momenti di riorganizzazione mentale. E così tutto diventa più difficile, più faticoso, più propenso a essere rimandato.
Non Amare Ciò che Si Fa
Questa è forse una delle cause più profonde e pervasive della procrastinazione: non trovare i motivi per cui si sta facendo ciò che si sta facendo. Soprattutto nell'ambito professionale, ci si ritrova a svolgere attività che non sono aderenti ai propri valori, non corrispondono ai propri desideri, non sono allineate con le aspettative per il proprio futuro.
Quando non si ama ciò che si fa, quando non si vede il senso, quando l'attività appare vuota di significato personale, l'allontanamento progressivo è quasi inevitabile. Si procrastinano intere categorie di attività, non per la loro difficoltà intrinseca, ma per la mancanza di connessione emotiva e valoriale con esse.
L'Alibi del Perfezionista
Può sembrare paradossale, ma il perfezionismo è spesso un potente generatore di procrastinazione. Il mantra del perfezionista è: "O si fanno le cose bene, o non si fanno." E questo, di per sé, è un principio nobile.
Ma frequentemente questo senso di perfezione va oltre una misura adeguata o necessaria per una specifica attività. Si applica lo stesso standard di perfezione a tutto, indiscriminatamente. E questo diventa paralizzante.
Quando si pretende che anche il compito più banale sia eseguito perfettamente, in modo dettagliatissimo, senza alcuna approssimazione, si finisce per non iniziare mai. Perché non si ha il tempo, l'energia, le condizioni ideali per raggiungere quella perfezione. E allora si rimanda, aspettando il momento perfetto che non arriverà mai.
Ci si può perdere anche nel labirinto della programmazione: si pianifica perfettamente ogni fase, ogni passaggio, ogni dettaglio. Si sta ore al computer a progettare una determinata attività, cercando la sequenza ottimale di tutte le mansioni specifiche. E mentre si pianifica e riplanifica, non si fa mai effettivamente l'attività.
Non Sentirsi Pronti: Il Problema del Senso di Efficacia
Un altro fattore profondo, di natura psicologica, è la mancanza di un senso di efficacia adeguato. Non ci si sente pronti per svolgere una specifica attività. "Non sono in grado." "Non sono ancora pronto." "Non ho le competenze necessarie."
Questo collegamento con il concetto di sopravvalutazione o sottovalutazione di sé – un tema che meriterebbe un approfondimento a parte, legato anche al famoso effetto Dunning-Kruger. Chi si sottovaluta non si sente mai pronto, mai all'altezza. Pensa di dover prima acquisire più competenze, più esperienza, più preparazione. E così rimanda, aspettando di sentirsi finalmente "pronto" – un traguardo che continua a spostarsi sempre più avanti.
L'idea dell'essere in grado diventa una trappola: "Prima devo essere pronto, poi potrò fare." Ma quando si sarà pronti? Come si saprà di esserlo? E intanto il tempo passa, l'attività rimane incompiuta, e il senso di inadeguatezza si rafforza.
La Paura del Giudizio Altrui
Infine, c'è il timore del giudizio sociale. Si teme che facendo finalmente quella cosa, qualcuno potrebbe risentirsi, potrebbe giudicare negativamente, potrebbe reagire male. Si ha l'aspettativa di infastidire o deludere altre persone.
E questo porta a ritardare l'attività per la quale l'esecuzione comporterebbe un giudizio sociale che non ci si sente in grado di tollerare o sostenere. Si rimanda per non dover affrontare quello sguardo, quel commento, quella reazione che si teme.
Si procrastina la conversazione difficile con un familiare perché si teme la sua reazione. Si rimanda la presentazione di un progetto perché si teme il giudizio dei colleghi. Si evita di pubblicare quel lavoro creativo perché si ha paura delle critiche.
Il giudizio altrui – reale o immaginato – diventa una catena invisibile che impedisce l'azione.
Riconoscere i Propri Fattori
Questi sono solo alcuni dei fattori che generano procrastinazione. E raramente operano da soli: spesso si intrecciano, si rinforzano reciprocamente, creano una rete complessa di motivazioni al rimando.
Il primo passo per affrontare la procrastinazione è riconoscere quali di questi fattori sono attivi nella propria situazione specifica. Si procrastina perché si è sommersi di attività inutili? Perché non si ama ciò che si fa? Perché si è perfezionisti? Perché non ci si sente pronti? Perché si teme il giudizio?
Identificare il fattore principale permette di sviluppare strategie mirate. Non esiste una soluzione universale alla procrastinazione, perché le sue radici sono diverse per ciascuno e per ogni tipo di compito.
Conclusione: Oltre l'Arte di Svicolare
La procrastinazione è un'arte raffinata, sì. Ma è un'arte che spesso imprigiona invece di liberare. Si svicola da un compito per evitare un disagio emotivo immediato, ma ci si ritrova imprigionati in un ciclo di rimandi che genera disagio ancora maggiore nel lungo termine.
Comprendere i fattori che generano la propria tendenza a procrastinare è il primo passo per trasformare questa arte di svicolare in un'arte più utile: l'arte di affrontare consapevolmente le proprie resistenze, di riconoscere i propri limiti senza esserne paralizzati, di agire anche quando non ci si sente perfettamente pronti.
Perché forse non si sarà mai completamente pronti. E il momento perfetto per fare ciò che va fatto potrebbe essere semplicemente: adesso.
Quale di questi fattori risuona di più nella propria esperienza di procrastinazione? Si accumula troppo? Non si ama ciò che si fa? Si è perfezionisti paralizzati? Non ci si sente pronti? O si teme il giudizio?
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