L'Effetto Dunning-Kruger: Quando Non Sappiamo di Non Sapere (o Non Sappiamo di Sapere)

Florence Foster Jenkins riempiva i teatri con le sue performance canore. Il pubblico accorreva in massa. I critici scrivevano recensioni impietose. Eppure lei, convinta del suo talento straordinario, continuava imperterrita la sua carriera da soprano. C'era solo un piccolo problema: era completamente stonata. La storia di questa donna straordinaria – nata nella seconda metà dell'Ottocento e morta durante la Seconda Guerra Mondiale – è diventata leggendaria non per il suo talento musicale (che era inesistente), ma per qualcosa di molto più interessante dal punto di vista psicologico: la sua totale incapacità di riconoscere la propria incompetenza. E questa storia ci introduce a un fenomeno che riguarda tutti noi, molto più spesso di quanto vorremmo ammettere.

Francesco Gardona

11/5/20256 min leggere

a person holding their hands up to their face
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La Storia di Florence Foster Jenkins

Florence nacque in una famiglia benestante e fin da bambina studiò musica, in particolare pianoforte. Sognava di diventare una musicista professionista e chiese ripetutamente ai genitori di poter proseguire gli studi all'estero. Quando le venne negato, fece una scelta radicale: fuggì di casa con quello che sarebbe diventato suo marito, un medico, e si trasferì a Filadelfia.

Lì intraprese una carriera come insegnante di musica, ma il suo sogno di diventare cantante solista rimase nel cassetto – almeno per un po'. Sia il padre che il marito (dal quale poi divorziò) sembravano consapevoli di una verità imbarazzante: Florence non era esattamente un usignolo.

Ma quando il padre morì lasciandole una cospicua eredità, Florence finalmente ebbe l'opportunità e i mezzi economici per perseguire il suo sogno. E lo fece con determinazione ammirevole e risultati... discutibili.

Arrivò ad avere una fama molto ampia, tanto da riempire interi teatri. Il pubblico accorreva in massa. Ma – e qui sta il punto – non tanto per le sue abilità canore, quanto per l'abilità nell'intrattenere involontariamente il pubblico. I critici non lesinavano critiche severe. Eppure, per tutta la sua vita, Florence apparentemente non si rese mai conto di questo gap, di questa distanza abissale tra la sua prestazione reale e il suo giudizio sulla propria prestazione.

La sua idea di sé era altamente superiore rispetto a ciò che veniva percepito dall'esterno. Viveva in una bolla percettiva completamente distaccata dalla realtà.

L'Effetto Dunning-Kruger: Il Paradosso della (In)Competenza

La storia di Florence Foster Jenkins è l'esempio perfetto di quello che gli psicologi David Dunning e Justin Kruger hanno studiato e teorizzato alla fine degli anni '90: l'effetto Dunning-Kruger.

Si tratta di un fenomeno cognitivo per cui le persone non si rendono conto, in base alle proprie competenze reali, di dove siano effettivamente collocate. Sono prigioniere di una sorta di "bolla percettiva di sé" che distorce drammaticamente la loro autovalutazione.

E il paradosso è duplice:

1. Chi è incompetente tende a sovrastimare drasticamente le proprie abilità

Quando una persona è veramente incompetente in un'area, il suo livello di incompetenza è tale da non consentirle nemmeno di vedere i propri errori. Non ha gli strumenti cognitivi per riconoscere la differenza tra una prestazione buona e una cattiva – nemmeno la propria.

Conseguenze:

  • Non si rende conto delle proprie lacune

  • Non percepisce quanto siano superiori le capacità altrui (che, paragonate a sé, sembrano comunque inferiori o non così eccezionali)

  • Non è in grado di valutare le abilità altrui, perché manca delle competenze necessarie per riconoscerle

Florence Foster Jenkins incarnava perfettamente questo aspetto: era così incompetente nel canto che non riusciva nemmeno a percepire quanto fosse stonata.

2. Chi è altamente competente tende a sottostimare le proprie abilità

All'estremo opposto dello spettro, le persone eccezionalmente competenti spesso non percepiscono quanto siano inusuali le loro abilità. Tendenzialmente si svalutano.

Perché? Proprio perché il loro alto livello di competenza consente loro di vedere ancora meglio i buchi, le lacune, ciò che ancora manca alla loro maestria. Sono consapevoli di quanto c'è ancora da imparare, di quanto la loro conoscenza sia limitata rispetto alla vastità del campo.

Al contrario di Florence, che prestava attenzione solo ai "colmi" (ciò che credeva di saper fare bene), le persone altamente competenti tendono a prestare maggiore attenzione ai "buchi" (ciò che ancora non sanno o non sanno fare perfettamente).

La Sindrome dell'Impostore

Questa sottostima delle proprie abilità può assumere forme estreme in quella che viene chiamata sindrome dell'impostore: la sensazione persistente di non meritare i propri successi, di essere un "imbrogliatore" che prima o poi verrà smascherato.

"Questa volta mi è andata bene, ma spero di non essere messo duramente alla prova, altrimenti scopriranno che me la sono cavata solo per fortuna."

Persone oggettivamente competenti, che hanno dimostrato ripetutamente le proprie capacità, continuano a sentirsi inadeguate, convinte che il loro successo sia dovuto a circostanze fortunate piuttosto che al loro reale valore.

È l'effetto Dunning-Kruger al contrario: non "non so di non sapere", ma "non so di sapere".

Tutti Nella Bolla (A Nostra Insaputa)

Prima di pensare che l'effetto Dunning-Kruger riguardi solo persone eccezionali come Florence Foster Jenkins o geni afflitti dalla sindrome dell'impostore, fermiamoci un attimo. Questo fenomeno riguarda tutti noi, quotidianamente, in innumerevoli aree della nostra vita.

Pensate alle vostre abilità di guida. Quanti automobilisti si considerano "guidatori sopra la media"? Le statistiche dicono: la stragrande maggioranza. Ma è statisticamente impossibile che tutti siano sopra la media. Molti di noi stanno sovrastimando le proprie capacità al volante.

O pensate alle vostre abilità culinarie, alle vostre competenze professionali, alla vostra intelligenza emotiva. In quante di queste aree state inconsapevolmente sopravvalutando (o sottovalutando) le vostre reali capacità?

L'effetto Dunning-Kruger non è un difetto di alcune persone particolarmente sciocche o particolarmente modeste. È un bias cognitivo universale che ci colpisce tutti, in modi diversi e in aree diverse della nostra vita.

Come Uscire dalla Bolla

Se l'effetto Dunning-Kruger è così pervasivo, c'è un modo per proteggerci da esso? La risposta è sì, ma richiede umiltà e apertura.

1. Cercare Attivamente Feedback Esterni

Non possiamo fidarci solo della nostra autovalutazione. Abbiamo bisogno di chiedere numerose valutazioni all'esterno, da persone che abbiano le competenze per giudicare le nostre prestazioni.

Questo vale in ogni ambito: professionale, personale, creativo. Il feedback esterno è l'antidoto più potente alla bolla percettiva in cui rischiamo di chiuderci.

2. Essere Aperti al Giudizio Critico

Non basta chiedere feedback – bisogna essere davvero aperti a riceverlo, anche quando è negativo, anche quando mette in discussione la nostra immagine di noi stessi.

Questo è particolarmente difficile quando siamo nella fase di sovrastima: proprio perché non riconosciamo le nostre lacune, tendiamo a respingere o minimizzare le critiche che ce le fanno notare.

3. Utilizzare Strumenti di Valutazione Oggettiva

I test di autovalutazione spesso evidenziano proprio questo fenomeno: i punteggi che ci attribuiamo sono frequentemente più alti rispetto a valutazioni oggettive delle stesse competenze.

Confrontare la propria autovalutazione con misurazioni esterne può essere illuminante – e talvolta scomodo.

4. Coltivare l'Umiltà Epistemica

Riconoscere che ciò che sappiamo di sapere è sempre limitato, che c'è sempre qualcosa da imparare, che la competenza è un percorso più che una destinazione.

Questa attitudine protegge sia dalla sovrastima (ricordandoci che c'è sempre qualcuno più bravo di noi) sia dalla sottostima paralizzante (accettando che non è necessario essere perfetti per essere competenti).

La Prospettiva Interazionista: La Competenza Come Costruzione Sociale

Dal punto di vista della psicologia interazionista, l'effetto Dunning-Kruger ci ricorda che la nostra percezione di competenza non è un dato oggettivo, ma una costruzione che avviene nell'interazione sociale.

Non possiamo valutare accuratamente le nostre abilità in isolamento. Abbiamo bisogno dello specchio sociale: il feedback degli altri, il confronto con standard condivisi, la validazione o la correzione che vengono dalla comunità di pratica.

Florence Foster Jenkins viveva in una bolla anche perché le persone intorno a lei – per gentilezza, per convenienza economica, o per semplice divertimento – non le fornivano feedback onesti. Se qualcuno le avesse detto chiaramente e ripetutamente la verità, forse avrebbe potuto ricalibrare la sua autopercezione.

Conclusione: La Saggezza di Sapere Cosa Non Sappiamo

L'effetto Dunning-Kruger ci insegna una lezione fondamentale: la competenza vera include la capacità di valutare accuratamente il proprio livello di competenza. Non basta sapere fare qualcosa; bisogna anche saper riconoscere quanto bene (o male) lo si fa.

Florence Foster Jenkins ci fa sorridere, ma ci ricorda anche quanto sia facile vivere in una bolla percettiva completamente distaccata dalla realtà. E quanto sia prezioso avere intorno a noi persone disposte a dirci la verità – anche quando fa male.

La prossima volta che vi sentite assolutamente certi delle vostre capacità in qualcosa, fermatevi un attimo. Chiedetevi: "Ho chiesto feedback esterni? Sono aperto a critiche? Potrei essere nella fase di sovrastima dell'effetto Dunning-Kruger?"

E quando vi sentite completamente inadeguati, impostori destinati a essere scoperti, chiedetevi: "Le prove oggettive supportano questa percezione? O sono nella fase di sottostima, incapace di riconoscere le mie reali competenze?"

Perché forse la vera competenza comincia proprio qui: nel sapere che potremmo non sapere quanto sappiamo (o non sappiamo).

E voi? In quali aree della vostra vita potreste essere vittime dell'effetto Dunning-Kruger? E siete disposti a scoprirlo davvero?

Bibliografia

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