Mediazione linguistico-culturale da remoto: opportunità e protezione nelle situazioni di vulnerabilità

L’accesso ai servizi per le persone migranti e rifugiate non passa più soltanto dagli incontri in presenza. Negli ultimi anni, lo sviluppo della tecnologia ha reso sempre più frequenti i colloqui a distanza, che permettono di superare barriere geografiche e organizzative. Tuttavia, la distanza fisica non annulla la complessità del lavoro di mediazione linguistico-culturale, soprattutto quando si dialoga con persone sopravvissute alla violenza di genere. Quando non ci si trova nella stessa stanza, garantire sicurezza, privacy e una comunicazione chiara diventa ancora più cruciale. La mediazione da remoto richiede quindi nuove competenze, sensibilità e attenzione costante ai dettagli che vanno oltre le parole.

Francesco Gardona

11/25/20252 min leggere

man in black and white striped polo shirt sitting on chair in front of silver macbook
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Una nuova forma di vicinanza

La mediazione linguistico-culturale online nasce dall’esigenza di raggiungere chi non può spostarsi o non ha accesso ai servizi nel luogo in cui vive. In queste situazioni, la tecnologia può diventare un ponte prezioso, purché sia utilizzata con responsabilità e cura.

Prima di avviare un colloquio a distanza, è fondamentale assicurarsi che tutte le persone coinvolte si trovino in un luogo sicuro e riservato. La garanzia della privacy, infatti, non riguarda solo la qualità della traduzione, ma rappresenta una protezione concreta contro rischi di esposizione e ritorsioni. Anche il dispositivo utilizzato, la connessione e il modo in cui si comunica possono incidere sulla libertà della persona assistita di esprimere ciò che ha vissuto. Consigli per una mediazione lin…

Non si tratta semplicemente di “fare una videochiamata”: si tratta di costruire uno spazio di fiducia in cui una persona possa raccontare una parte dolorosa della propria storia.

Accogliere ed essere presenti, anche attraverso uno schermo

Durante una mediazione a distanza, la relazione si basa ancora più marcatamente sull’attenzione ai segnali non verbali. Sguardi, pause, tono di voce, movimenti del corpo: ogni elemento può indicare disagio, paura, esitazione. È importante che tutte le telecamere siano attive, quando possibile, per garantire una comunicazione realmente bidirezionale.

L’operatore deve verificare che la persona sopravvissuta non sia interrotta o ascoltata da altri. Se qualcuno entra nella stanza, il colloquio va sospeso immediatamente, per evitare situazioni di potenziale rischio. Consigli per una mediazione lin…

Il consenso informato assume un ruolo centrale: ogni aspetto dell’incontro deve essere chiaro e condiviso. La persona assistita ha il diritto di sapere cosa verrà tradotto, chi ascolterà il colloquio e come verranno tutelati i suoi dati personali.

La comunicazione, in questo contesto, non è solo scambio di informazioni: è protezione.

La responsabilità del mediatore: garantire sicurezza, non solo tradurre

Il lavoro del mediatore da remoto richiede un’elevata concentrazione.
Ogni parola deve essere tradotta fedelmente, senza omissioni o interpretazioni personali.
Ogni intervento deve rispettare l’alternanza tra professionista e persona assistita.
Ogni gesto deve mettere al centro la sicurezza e la volontà di chi sta parlando. Consigli per una mediazione lin…

La posizione del mediatore linguistico-culturale rimane quella di facilitatore della comunicazione: essere ponte, non protagonista.
Tuttavia, in un contesto digitale, si aggiunge la responsabilità di monitorare elementi tecnici, ambientali e relazionali che potrebbero influenzare negativamente l’interazione.

La tecnologia come risorsa, ma non come sostituzione della cura

La comunicazione a distanza può fare molto, ma non può tutto.
Ci sono situazioni di trauma profondo o rischio elevato in cui la prossimità fisica resta importante: poter cogliere il respiro affannato, l’agitazione delle mani, i silenzi che nel digitale rischiano di perdersi.

L’obiettivo della mediazione da remoto non è sostituire la relazione umana, ma ampliarne le possibilità.
Significa offrire accesso, non ridurre complessità.

Per funzionare davvero, la tecnologia deve essere al servizio della dignità e della sicurezza della persona sopravvissuta alla violenza.

Conclusione: vicini, anche da lontano

La mediazione linguistico-culturale a distanza è una pratica che richiede competenze tecniche e relazionali raffinate.
Offre opportunità importanti per raggiungere chi è escluso dai percorsi di aiuto, ma implica una grande responsabilità etica e professionale.

Essere “presenti” non significa condividere lo stesso spazio fisico: significa garantire ascolto autentico, protezione, rispetto e fiducia.

A volte, la distanza può trasformarsi in un nuovo modo di stare vicino.

Bibliografia

  • Consigli per una mediazione linguistica e culturale da remoto. Consigli per una mediazione lin…

  • OIM, UNHCR, UNICEF (2020). Come fornire un primo supporto alle persone sopravvissute a violenza di genere: Guida tascabile.

  • WHO, War Trauma Foundation & World Vision International (2011). Psychological First Aid: Guide for Field Workers.

  • Castiglioni, I. (2013). La mediazione linguistico-culturale: principi, strategie, esperienze. FrancoAngeli.

  • Mazzetti, M. (2003). Il dialogo transculturale. Carocci.