Proteggere Chi È Più Vulnerabile: Supportare i Minori Sopravvissuti alla Violenza
Un bambino ha meno strumenti di un adulto per comprendere di aver vissuto una situazione pericolosa o criminale. Un adolescente può temere di essere in pericolo se dovesse raccontare le azioni di qualcuno, specialmente se quella persona è qualcuno che conosce, di cui dovrebbe fidarsi. I minori, per la loro specifica vulnerabilità, sono maggiormente esposti al rischio di subire coercizione, abuso o sfruttamento. E quando rivelano un'esperienza di violenza, hanno bisogno di un tipo particolare di supporto.Chi lavora nei servizi di assistenza per migranti e rifugiati può trovarsi a dover supportare minori sopravvissuti alla violenza, inclusi minori stranieri non accompagnati. È una responsabilità delicata che richiede conoscenze ulteriori e un approccio specificamente calibrato sull'età, la maturità e le esigenze particolari dei più giovani.
Francesco Gardona
11/21/20259 min leggere
Proteggere Chi È Più Vulnerabile: Supportare i Minori Sopravvissuti alla Violenza
Un bambino ha meno strumenti di un adulto per comprendere di aver vissuto una situazione pericolosa o criminale. Un adolescente può temere di essere in pericolo se dovesse raccontare le azioni di qualcuno, specialmente se quella persona è qualcuno che conosce, di cui dovrebbe fidarsi. I minori, per la loro specifica vulnerabilità, sono maggiormente esposti al rischio di subire coercizione, abuso o sfruttamento. E quando rivelano un'esperienza di violenza, hanno bisogno di un tipo particolare di supporto.
Chi lavora nei servizi di assistenza per migranti e rifugiati può trovarsi a dover supportare minori sopravvissuti alla violenza, inclusi minori stranieri non accompagnati. È una responsabilità delicata che richiede conoscenze ulteriori e un approccio specificamente calibrato sull'età, la maturità e le esigenze particolari dei più giovani.
I Principi Guida per Lavorare con i Minori
Quando si supportano minori sopravvissuti a violenza, i quattro principi guida fondamentali – sicurezza, riservatezza, rispetto e non discriminazione – rimangono validi, ma si arricchiscono di specificità. Emergono cinque principi che devono orientare ogni decisione e azione: agire secondo l'interesse superiore del minore, garantire la sicurezza, assicurare la riservatezza, coinvolgere il minore nel processo decisionale, trattare ogni minore in maniera equa.
L'Interesse Superiore del Minore: La Bussola di Ogni Decisione
Il primo e più importante principio è che in ogni decisione e azione che riguarda un minore si deve sempre agire sulla base del suo interesse superiore. Ma cosa significa concretamente?
Significa innanzitutto garantire la sicurezza fisica ed emotiva del minore, il suo benessere durante tutto il percorso di assistenza. Non si tratta di un concetto astratto, ma di una valutazione costante: questa azione protegge davvero il minore? Questa decisione è nel suo migliore interesse, o sta servendo altri scopi?
In alcuni casi può essere poco chiaro come agire nell'interesse superiore del minore. Quando non si sa come procedere in una determinata situazione, è importante comunicare al minore che si chiederà aiuto a un altro membro del team che ha maggiori conoscenze su come procedere. Questa trasparenza è fondamentale: non si fingono competenze che non si hanno, ma si mostra che l'interesse del minore viene prima dell'ego professionale.
Sicurezza: Fisica ed Emotiva
La sicurezza fisica ed emotiva dei minori è l'interesse prioritario in qualunque fase del percorso. È fondamentale garantire che i minori siano al sicuro nei luoghi in cui vivono, studiano e giocano – non solo durante l'interazione con i servizi, ma nella loro vita quotidiana.
I minori che rivelano un'esperienza di violenza hanno bisogno di conforto, incoraggiamento e sostegno. Questo significa che chi li supporta ha il dovere di credere a quanto raccontano e di farli sentire al sicuro e accuditi. Non mettere in dubbio, non minimizzare, non chiedere "sei sicuro?". Credere, accogliere, proteggere.
Riservatezza: Con Eccezioni Chiare e Comunicate
Le informazioni relative all'esperienza di violenza devono essere raccolte, utilizzate e archiviate in modo confidenziale. Non si divulgano né si discutono con terze persone le informazioni acquisite durante il percorso di assistenza.
Si deve sempre chiedere il permesso per condividere le informazioni, anche se si tratta di qualcuno che la persona sopravvissuta identifica come persona di fiducia. E quando ci si presenta, è bene spiegare il proprio ruolo e chiarire che ci sono circostanze per le quali si è obbligati a condividere le informazioni.
Questo è cruciale: le eccezioni alla riservatezza devono essere comunicate chiaramente fin dall'inizio, in modo comprensibile per l'età e la maturità del minore. Non si può promettere un segreto assoluto che poi non si potrà mantenere. Se un minore dice "devo dirti qualcosa, ma devi promettermi di mantenere il segreto", la risposta deve essere onesta: "Posso ascoltarti e manterrò private le informazioni il più possibile, ma se sei in pericolo potrei dover parlare con persone che possono proteggerti, e ti dirò sempre cosa sto per fare."
Partecipazione: Ascoltare e Coinvolgere
Ogni minore ha diritto di essere ascoltato e consultato e di esprimere la propria opinione in merito ai procedimenti che lo riguardano. Ma il livello di partecipazione deve essere commisurato all'età e al grado di maturità.
È importante adottare una comunicazione a misura di minore: linguaggio semplice, esempi concreti, verificare che il minore comprenda correttamente le informazioni fornite. E prendere in considerazione gli aspetti culturali della comunicazione, avvalendosi quando opportuno di mediatori linguistico-culturali qualificati.
I minori, in particolare gli adolescenti, dovrebbero fare parte del processo decisionale. Questo non significa che possano decidere se fare o meno una segnalazione obbligatoria, ma che possono aiutare a decidere come e quando farla, in modo che sia il più sicuro e riservato possibile per loro.
Equità: Ogni Minore È Unico
Ogni minore ha capacità e risorse uniche, anche per superare quanto accaduto. Bisogna evitare di trattare i minori che hanno subito violenza come se fossero soggetti inermi. Hanno resilienza, forza, agency – anche se in forme diverse dagli adulti.
E a tutti deve essere garantito supporto imparziale, trattamento e cure di alta qualità a prescindere da sesso, età, situazione familiare, status della persona responsabile per loro, background culturale, situazione finanziaria, eventuali abilità speciali o disabilità, o qualsiasi altro aspetto della loro identità.
L'Obbligo di Segnalazione: Tra Protezione e Trasparenza
Un aspetto particolarmente delicato è quello dell'obbligo di segnalazione e denuncia in caso di sospetto abuso nei confronti di minori. In Italia, l'articolo 331 del Codice di procedura penale prevede che i pubblici ufficiali e gli incaricati di un pubblico servizio – inclusi gli operatori dei centri di accoglienza – che hanno notizia di un reato perseguibile d'ufficio devono farne denuncia per iscritto.
La denuncia non presuppone necessariamente una conoscenza esaustiva della situazione, ma deve riferire gli elementi che fanno supporre che sussistano condizioni di pregiudizio per il minore. È poi competenza dei servizi sociali e della magistratura minorile verificare la sussistenza e la gravità delle situazioni di pregiudizio.
Ma attenzione: l'obbligo di segnalazione non può essere gestito in modo freddo e burocratico. È importante che il minore sappia cosa gli sta succedendo e abbia la possibilità di porre domande e ricevere risposte comprensibili. Durante questi passaggi, la presenza di un mediatore culturale può essere di notevole supporto.
Il minore deve sapere che chi lo supporta ha certi doveri nei suoi confronti e che la mancata denuncia costituisce una omissione, ma anche che tutti i passaggi saranno condivisi con lui e le decisioni prese tenendo in considerazione il suo punto di vista, oltre alla sua protezione.
Non si possono fare promesse che non si possono mantenere. La fiducia del minore è stata molto probabilmente già tradita da una persona a lui vicina. È importante fargli sapere che può fidarsi, ma anche informarlo che si potrebbe essere obbligati a condividere alcune informazioni per poterlo proteggere, rassicurandolo che le modalità verranno valutate insieme.
Età, Maturità e Capacità Decisionale
Il minore è la principale fonte di informazioni in merito alla sua situazione personale. Il grado con cui si sente ed è effettivamente ascoltato non solo garantisce che venga presa una decisione più completa e sostenibile nei suoi confronti, ma potenzialmente lo responsabilizza nel processo di appropriazione del suo futuro sviluppo verso l'età adulta.
Ma come valutare il livello di partecipazione appropriato? L'accertamento del grado di maturità del minore richiede competenze molto specifiche – come quelle di uno psicologo dell'età evolutiva e di un antropologo, soprattutto se si tratta di minori stranieri i cui riferimenti culturali possono essere diversi.
Senza tali competenze, la valutazione può risultare inadeguata. Per questo, se non si è specializzati nella protezione dei minori, il ruolo è quello di ascoltare, dare conforto, mettere il minore in contatto con qualcuno di cui si fida e condividere informazioni sui servizi disponibili.
Esistono alcune indicazioni generali di età, che hanno però solo valore indicativo e potrebbero cambiare in funzione della maturità, della fase di sviluppo e di altri fattori:
Gli adolescenti dai quindici anni in su sono di norma maturi abbastanza per prendere le proprie decisioni e capire le esperienze vissute. Il ruolo è ascoltare, aiutare a mettersi in contatto con qualcuno di cui si fidano, fornire informazioni sui servizi.
I minori dai sei ai nove anni e gli adolescenti dai dieci ai quattordici anni possono essere in grado o no di raccontare da soli esperienze di violenza e di prendere decisioni autonomamente. Il ruolo è aiutarli a cercare un adulto di cui si possano fidare e fornire informazioni sui servizi.
Neonati e minori da zero fino ai cinque anni non sono sempre in grado di raccontare esperienze di violenza a causa di capacità comunicative verbali insufficienti. È molto probabile che altre persone vengano a chiedere aiuto per il minore. Il ruolo è fornire informazioni all'adulto di riferimento sui servizi disponibili.
Il Primo Soccorso Psicologico Adattato ai Minori
L'approccio del primo soccorso psicologico – preparati, osserva, ascolta, metti in contatto – vale anche per i minori, ma con accorgimenti ulteriori specifici.
Preparati: Conoscere Doveri e Risorse
Nella fase preparatoria è fondamentale sapere quali siano i doveri in materia di segnalazione obbligatoria alle autorità preposte per la protezione dei minori, inclusi i tutori. È necessario conoscere protocolli e procedure dell'organizzazione di appartenenza e i servizi territoriali che si occupano specificamente di minori.
In caso di emergenza si può chiamare il 112. È inoltre disponibile il numero nazionale emergenza infanzia 114, multilingua, attivo ventiquattro ore su ventiquattro, raggiungibile via telefono, chat, WhatsApp e tramite app. Si tratta di un servizio di emergenza rivolto a chi – minore o adulto – vuole segnalare una situazione di pericolo, emergenza, rischio o pregiudizio in cui sono coinvolti minori.
Osserva: I Modi Diversi di Chiedere Aiuto
Nella fase di osservazione è importante essere coscienti dei modi in cui i minori cercano supporto, che possono essere diversi rispetto a quelli degli adulti. I minori possono avere difficoltà a fidarsi o a parlare con un adulto, possono avere paura, sentirsi a disagio, vergognarsi o non riuscire a esprimere le loro emozioni.
Quando si offre di spostarsi in un posto tranquillo per parlare, assicurarsi che sia un posto in cui gli altri possono vedere ma non sentire – mai isolare completamente il minore. Sedersi alla stessa altezza del minore, mantenere un linguaggio corporeo aperto. Ma non toccare, abbracciare o avere contatto fisico non richiesto, poiché potrebbe causare traumi, disagio o sofferenza.
Chiedere al minore se desidera parlare con un uomo o una donna – questa preferenza può essere significativa e va rispettata.
Ascolta: Senza Giudicare, Con Pazienza
Nella fase di ascolto è importante offrire ascolto senza giudicare. Il minore potrebbe provare vergogna e difficoltà a parlare. Per questo è necessario mostrarsi positivi ed empatici. La prima reazione è fondamentale per instaurare un rapporto di fiducia.
Consentire al minore di gestire la conversazione, anche se ciò vuol dire stare in silenzio e ascoltare. Assumere un linguaggio corporeo aperto. Limitare le domande sull'accaduto, senza chiedere chi ne sia il responsabile o perché sia successo.
Non interrogare, non giudicare, non prendere note, non fare fotografie, non condividere informazioni. Essere calmi e pazienti, accettare quello che viene detto senza giudicare. Non mostrare shock, scetticismo, rabbia o altre reazioni che potrebbero turbare il minore.
Lasciare che il minore si esprima da solo con le proprie parole o utilizzando altri strumenti – disegni, giochi, metafore. Non usare termini tecnici o togliere spazio parlando più del minore.
Rassicurare il minore dicendogli che ha fatto bene a raccontare. Ma non fare promesse che non si possono mantenere, come dire "andrà tutto bene" quando il benessere del minore non ricade sotto il proprio controllo.
Utilizzare affermazioni confortanti appropriate per il contesto culturale: "Ti credo" (crea fiducia), "Sono contento che tu me l'abbia raccontato" (crea rapporto), "Grazie per aver condiviso la tua esperienza" (esprime empatia), "Sei stato davvero coraggioso a parlare con me" (rassicurante e incoraggiante).
Metti in Contatto: Con Adulti Fidati e Servizi Appropriati
Nella fase finale bisogna fornire supporto al minore mettendolo in contatto con una persona adulta che riconosca come sicura e affidabile. E fornire a entrambi informazioni rilevanti sui servizi a loro disposizione e su come accedervi.
Chiedere se c'è qualcuno di cui il minore si fida e se ha bisogno di compagnia per cercarlo. Ma non forzare mai un minore a parlare in presenza del caregiver o di qualsiasi altra persona, poiché la violenza potrebbe essere stata perpetrata da questi ultimi o il minore potrebbe non desiderare di condividere la propria esperienza con loro.
Stare con il minore fino a che si sente sicuro sotto la custodia di una persona che riconosce come sicura e fidata. Non lasciare mai un minore incustodito mentre è angosciato – se piange, prova rabbia o è sotto shock.
Condividere cosa si sa e chiarire cosa non si sa. Dire "Non lo so" o "Non ho queste informazioni" se non si possiedono le informazioni richieste. Non cercare di risolvere da soli la situazione, pianificare o prendere decisioni per il minore.
Conclusione: Proteggere Con Competenza e Umanità
Supportare minori sopravvissuti alla violenza è forse uno dei compiti più delicati e impegnativi per chi lavora nei servizi di assistenza. Richiede competenze tecniche specifiche, conoscenza degli obblighi legali, capacità di comunicare in modo appropriato all'età, sensibilità culturale.
Ma soprattutto richiede la capacità di bilanciare protezione e partecipazione, dovere di segnalazione e rispetto della fiducia, autorità adulta e ascolto autentico delle voci dei più giovani.
Perché i minori che hanno subito violenza non sono solo vittime da proteggere. Sono persone con diritti, opinioni, capacità di resilienza. E meritano di essere ascoltati, creduti, supportati nel loro percorso verso la guarigione e la ripresa del controllo sulla propria vita.
Per chi lavora con minori: come si può creare un ambiente in cui i bambini e gli adolescenti si sentano sicuri a parlare, pur mantenendo la trasparenza sugli obblighi di segnalazione?
Bibliografia
Inter-Agency Standing Committee (IASC). (2015). Guidelines for Integrating Gender-Based Violence Interventions in Humanitarian Action. IASC.
IRC/UNICEF. (2012). Caring for Child Survivors of Sexual Abuse. IRC/UNICEF.
OIM, UNHCR, UNICEF. (2020). Come Fornire un Primo Supporto alle Persone Sopravvissute a Violenza di Genere: Guida tascabile. OIM, UNHCR, UNICEF.
United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR). (2008). Best Interest Determination Guidelines. UNHCR.
UNICEF. (2006). Convention on the Rights of the Child. UNICEF.
World Health Organization (WHO). (2003). Guidelines for medico-legal care of victims of sexual violence. WHO.
