Sostenere le persone sopravvissute alla violenza: il ruolo dei mediatori linguistico-culturali
Quando una persona sopravvissuta alla violenza di genere trova finalmente il coraggio di parlare, la presenza di qualcuno in grado di comprenderla nella sua lingua e nella sua cultura può rappresentare il primo passo verso la protezione, il supporto psicologico e la guarigione. Per molte persone migranti o rifugiate, questa figura fondamentale è rappresentata dai mediatori linguistico-culturali (MLC). Essi non si limitano alla traduzione di parole: interpretano significati, contesti culturali, paure e vissuti. Costituiscono un ponte tra servizi e comunità, facilitano l’accesso ai diritti e contribuiscono a rendere il percorso di emersione dalla violenza più sicuro e comprensibile.
Francesco Gardona
11/24/20253 min leggere


Chi sono i mediatori linguistico-culturali
I mediatori linguistico-culturali facilitano la comprensione reciproca tra persone migranti e operatori dei servizi pubblici o privati, attraverso la traduzione e la mediazione culturale. Tale ruolo permette di superare barriere comunicative e culturali, creando spazi in cui la persona sopravvissuta può sentirsi accolta e compresa.
Poiché spesso condividono lingua, paese d’origine o esperienze migratorie simili con chi assistono, essi sono in una posizione privilegiata per comprendere le sfumature dei racconti e riconoscere dinamiche sociali e culturali che potrebbero non essere immediatamente visibili per altri professionisti. Questa vicinanza umana e culturale diventa una risorsa preziosa nella presa in carico di situazioni di violenza.
Una professione in evoluzione, con contorni non sempre definiti
La mediazione linguistico-culturale si è sviluppata negli ultimi decenni in risposta ai movimenti migratori verso l’Europa. In assenza di interpreti disponibili per lingue non europee, molte organizzazioni hanno iniziato a coinvolgere membri delle comunità migranti come figure di supporto linguistico e culturale.
In Italia e in altri Paesi europei, non esiste ancora un nome univoco né una definizione standardizzata del ruolo del mediatore, che assume funzioni diverse in base al contesto: dall’interpretariato formale al coinvolgimento diretto nella comunità e nell’accompagnamento ai servizi.
Questa evoluzione ha reso la professione essenziale ma allo stesso tempo complessa e, talvolta, precaria. Le condizioni contrattuali instabili, la mancanza di percorsi formativi omogenei e di sistemi di accreditamento rappresentano criticità che possono incidere sulla qualità del supporto offerto, soprattutto nei contesti più sensibili come quello della violenza di genere.
I principi guida nella protezione delle persone sopravvissute
Nel lavoro a protezione delle persone sopravvissute alla violenza, i mediatori sono chiamati a rispettare quattro principi essenziali: sicurezza, riservatezza, rispetto e non discriminazione.
La sicurezza rappresenta la priorità assoluta. Qualsiasi azione che coinvolga la famiglia o la comunità della persona sopravvissuta deve essere valutata con estrema cautela, per evitare rischi aggiuntivi o ritorsioni.
La riservatezza non è solo un obbligo professionale, ma una garanzia di protezione psicologica e fisica. Ogni informazione condivisa deve essere trattata come un bene prezioso e vulnerabile.
Il rispetto dell’autonomia implica riconoscere la libertà della persona sopravvissuta di scegliere tempi e modi del proprio percorso di aiuto. Imporre soluzioni, anche con buone intenzioni, rischia di riprodurre dinamiche di controllo tipiche della violenza.
La non discriminazione richiede un’attenzione costante al linguaggio verbale e non verbale. Anche un’espressione involontaria di giudizio può compromettere la relazione di fiducia, scoraggiando il ricorso ai servizi.
Per tutti questi motivi, se una mediatrice o un mediatore riconosce difficoltà personali nel mantenere neutralità e rispetto, è necessario che venga sostituito da un collega in grado di farlo. Proteggere la persona sopravvissuta è il principio superiore.
Il primo soccorso psicologico: esserci, senza invasività
Spesso i mediatori sono i primi ad ascoltare rivelazioni di traumi e violenze.
La loro risposta deve basarsi sui principi del Primo Soccorso Psicologico: preparazione sui servizi del territorio, osservazione rispettosa, ascolto autentico, orientamento verso supporti adeguati.
Il loro compito non è indagare né stimolare la narrazione del trauma, ma accogliere e collegare ai servizi competenti, solo quando la persona lo richiede.
Essere presenti senza invadere significa riconoscere la volontà della persona sopravvissuta come motore del cambiamento.
Lavorare insieme agli altri servizi: regole chiare per proteggere
La collaborazione interprofessionale richiede confini ben definiti.
Le linee guida operative e i codici di condotta hanno la funzione di proteggere:
le persone sopravvissute, attraverso chiarezza sui ruoli e sulle responsabilità
i mediatori stessi, evitando l’assegnazione di compiti non adeguati o rischiosi
Regole chiare migliorano il lavoro di squadra, la continuità della presa in carico e la qualità del supporto ricevuto dalle persone sopravvissute ai traumi.
Chi ascolta, chi sostiene? La vulnerabilità di chi opera in prima linea
Il carico emotivo connesso all’ascolto di esperienze traumatiche può esporre i mediatori a stress psicologico, trauma vicario e senso di solitudine professionale.
Il rischio aumenta quando si lavora isolati, senza un adeguato sostegno psicologico e senza spazi di supervisione.
Prendersi cura dei mediatori significa proteggere la qualità della risposta antiviolenza.
La cura di chi cura è parte integrante della protezione.
Conclusioni: un ponte umano verso la protezione
Essere mediatori linguistico-culturali significa stare accanto alle persone proprio nel momento in cui riemerge una storia che fa male.
Significa trasformare una lingua comune in un ponte verso la sicurezza e la dignità.
Significa custodire una fiducia fragile e offrire possibilità di riscatto.
Riconoscere, formare e sostenere adeguatamente queste figure professionali significa rafforzare l’intero sistema di protezione delle persone sopravvissute alla violenza di genere.
Bibliografia
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