Terminologia, protezione e pratiche inclusive per persone con SOGIESC diversificato nei percorsi di asilo
Un linguaggio accurato non è un ornamento, ma una condizione di possibilità per il riconoscimento e la tutela dei diritti. Quando si lavora con persone richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale con SOGIESC diversificato (orientamento sessuale, identità ed espressione di genere, caratteristiche sessuali), le parole definiscono cornici, aspettative, accessi ai servizi. Terminologie e categorie non sono universali: variano nei Paesi e nelle culture, cambiano nel tempo, possono avere significati divergenti anche all’interno delle stesse comunità. Per questo la scelta dei termini richiede prudenza, rispetto e capacità di ascolto, evitando etichette calate dall’alto e favorendo l’autodescrizione.
Francesco Gardona
11/30/20255 min leggere
Terminologia
SOGIESC indica l’insieme di dimensioni che riguardano l’orientamento sessuale, l’identità di genere, l’espressione di genere e le caratteristiche sessuali. L’orientamento sessuale riguarda la capacità di provare attrazione affettiva e/o sessuale; l’identità di genere rimanda all’esperienza profonda di sé come donna, uomo o altro genere, eventualmente coincidente o meno con il sesso assegnato alla nascita; l’espressione di genere è il modo in cui l’identità viene manifestata attraverso comportamenti, abbigliamento, linguaggio, nome e pronomi; le caratteristiche sessuali includono elementi biologici come cromosomi, gonadi, genitali interni ed esterni e caratteristiche sessuali secondarie.
Le categorie linguistiche – per esempio donna/ragazza, uomo/ragazzo o identità non binarie; espressioni femminili, maschili e altre – non esauriscono la pluralità dei vissuti. Riconoscere la variabilità culturale e personale limita il rischio di semplificazioni e permette di impostare interventi più adeguati.
Definizioni
L’acronimo LGBTIQ+ raccoglie una pluralità di esperienze: lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersex e queer, oltre ad altre identità e orientamenti. “Lesbica” indica una donna attratta da donne; “gay” un uomo attratto da uomini; “bisessuale” una persona che può essere attratta da più di un sesso/genere. “Transgender” comprende chi ha un’identità e/o un’espressione di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita. “Intersex” riguarda persone le cui caratteristiche sessuali primarie e/o secondarie non rientrano nei modelli binari culturalmente dominanti. “Queer” è un termine ombrello che rimanda alla pluralità di orientamenti e identità oltre le categorie tradizionali.
Queste definizioni hanno un valore operativo: aiutano a costruire ambienti accoglienti, ma non devono diventare gabbie concettuali. La priorità resta l’ascolto della persona e della sua autodefinizione.
Contesto globale, europeo e nazionale
A livello internazionale, leggi e pratiche restrittive continuano a limitare diritti, sicurezza e visibilità. In numerosi Paesi relazioni consensuali tra persone dello stesso sesso sono penalizzate; spesso sono presenti barriere alla libertà di espressione e alla registrazione di organizzazioni che tutelano diritti LGBTIQ+. Le conseguenze materiali sono immediate: maggiore esposizione a violenze, arresti arbitrari, discriminazioni nell’accesso a lavoro, casa, salute e istruzione.
Le esperienze non sono omogenee. Le donne lesbiche possono subire una doppia discriminazione, legata a genere e orientamento, con rischi specifici come delitti d’onore o violenze da parte di attori non statali. Gli uomini gay risultano frequentemente esposti a violenza e persecuzione laddove esistono reati specifici contro le relazioni tra persone dello stesso sesso. Le persone transgender incontrano ostacoli duraturi nell’accesso a documenti, servizi, sicurezza personale, alloggi, con forme di stigmatizzazione istituzionale e sociale. Le persone intersex possono aver subito o rischiano interventi chirurgici non necessari e non consenzienti, oltre a esclusione e abusi diretti o indiretti.
Le vulnerabilità si sovrappongono ad altri fattori: provenienza etnica, età, disabilità, status migratorio, condizioni economiche, appartenenza religiosa. Questa intersezionalità impone letture caso per caso e strumenti flessibili di tutela.
In Europa, i dati comparativi mostrano che discriminazioni, minacce e aggressioni restano diffuse nella vita quotidiana, sul lavoro, a scuola, nella ricerca di casa, nell’accesso ai servizi sociali e sanitari. Fuggire dal proprio Paese non elimina automaticamente il rischio: nei contesti di asilo permangono ostacoli legati a ostilità sociale, precarietà alloggiativa, timore di rivelazione forzata, barriere linguistiche e culturali.
Dalla mappatura dei bisogni alla presa in carico: specializzazione dei servizi
Nei sistemi di accoglienza e protezione, le esigenze specifiche delle persone con SOGIESC diversificato emergono con chiarezza quando si adottano strumenti adeguati di ascolto e valutazione preliminare, accompagnati da percorsi di invio e presa in carico specializzati. Tre sono gli snodi fondamentali.
Individuazione: una valutazione tempestiva, riservata e rispettosa della sicurezza consente di far emergere bisogni che, se non riconosciuti, possono evolvere in criticità più gravi. È qui che terminologia corretta e competenze culturali diventano decisive per evitare fraintendimenti o outing non desiderati.
Referral: attivare reti competenti – salute sessuale e riproduttiva, salute mentale informata sul trauma, supporto legale, protezione antiviolenza, mediazione linguistico-culturale, alloggi dedicati quando necessario – è essenziale per tradurre l’ascolto in risposte pratiche. Il referral efficace richiede canali chiari, ruoli definiti e coordinamento interistituzionale.
Presa in carico: la risposta va oltre l’intervento d’emergenza. Occorre un progetto di medio periodo che integri sicurezza, stabilizzazione, accesso alla documentazione, formazione linguistica, sostegno all’autonomia economica, inserimento abitativo, continuità terapeutica. La qualità dipende dalla formazione del personale, dalla riservatezza delle informazioni e dalla capacità di leggere i rischi residui nel contesto di vita.
Violenza sessuale e di genere: riconoscimento giuridico e risposte operative
La violenza sessuale e di genere è un abuso di potere fondato su relazioni diseguali e si manifesta contro la volontà della persona, con forme che includono coercizioni, minacce, sfruttamento, pratiche tradizionali dannose, detenzione e torture a connotazione sessuale. Riguarda donne e ragazze, uomini e ragazzi, persone non binarie e intersex.
Ai fini della protezione internazionale, la persecuzione per ragioni connesse all’orientamento sessuale o all’identità di genere può integrare i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato (appartenenza a un “determinato gruppo sociale”) oppure della protezione sussidiaria quando, pur mancando gli elementi tipici della persecuzione, sussista il rischio di gravi danni. Ai meccanismi giuridici si affiancano misure di tutela immediata: alloggi sicuri, percorsi sanitari e psicosociali, titoli di soggiorno specifici previsti dall’ordinamento per vittime di violenza, protezione dalla ritorsione e dalle pressioni della comunità.
Il principio di non-refoulement resta cardine: nessuna persona può essere allontanata verso Paesi in cui rischia persecuzione, torture o trattamenti inumani e degradanti in ragione del proprio SOGIESC.
Principi operativi: centralità della persona, comunità e uguaglianza
Nell’operatività quotidiana, tre principi orientano pratiche rispettose ed efficaci.
Approccio centrato sulla persona: priorità ai diritti, ai desideri e alla sicurezza. Ciò implica riservatezza e consenso informato, linguaggio rispettoso, attenzione a non nuocere, protezione da discriminazioni e violenze, inclusa la gestione accurata dei dati personali e della documentazione sensibile.
Community-based approach: valorizzare risorse e capacità delle comunità di riferimento – comprese le reti LGBTIQ+ – migliora l’accesso alle informazioni, rafforza il sostegno reciproco, riduce l’isolamento. La comunità, quando sicura, può essere parte della protezione, non solo dello scenario di rischio.
Approccio sensibile a genere ed età: garantire che bambini, adolescenti e adulti, donne e uomini, persone non binarie e intersex partecipino realmente alle decisioni che li riguardano, con strumenti adeguati all’età e al contesto culturale. L’uguaglianza formale non basta: servono accomodamenti ragionevoli per colmare barriere concrete.
Formazione, informazione e riservatezza: i tre cantieri permanenti
La specializzazione dei servizi nasce da tre investimenti continuativi. La formazione del personale – inclusi mediatrici e mediatori linguistico-culturali – sui temi SOGIESC, sulle terminologie appropriate e sulla gestione del consenso. L’informazione accessibile alle persone interessate, con materiali chiari e multilingue e canali non escludenti. La riservatezza come regola ferrea: le informazioni relative al SOGIESC appartengono alla persona, non all’ente; ogni condivisione deve essere motivata, proporzionata e basata su consenso consapevole.
Quadro normativo essenziale
I Principi di Yogyakarta affermano l’universalità dei diritti umani indipendentemente da orientamento sessuale e identità di genere e riconoscono il diritto di cercare e ottenere protezione dalla persecuzione anche quando questa si fondi su SOGIESC. La Convenzione di Ginevra del 1951 fornisce la base per il riconoscimento dello status di rifugiato; le linee guida UNHCR chiariscono come le domande fondate su orientamento sessuale e identità di genere rientrino a pieno titolo nel perimetro della protezione internazionale. Queste cornici vanno tradotte in pratiche: ascolto rispettoso, valutazioni individuali, ambienti sicuri, procedure di accoglienza e salute realmente inclusive.
Conclusioni
Lavorare con persone con SOGIESC diversificato nei percorsi di asilo significa coniugare precisione giuridica, consapevolezza culturale e responsabilità etica. Le parole definiscono diritti e aprono o chiudono porte; le procedure rendono concreta la protezione; le reti comunitarie e istituzionali trasformano l’accesso in continuità. Riconoscere la complessità dei vissuti, evitare semplificazioni, garantire sicurezza e partecipazione non è un di più: è l’unico modo per dare sostanza al principio di dignità uguale per tutte le persone.
Bibliografia
Principi di Yogyakarta (2007; più 10 principi aggiuntivi 2017)
Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati (1951) e Protocollo (1967)
UNHCR, Guidelines on International Protection No. 9: Claims to Refugee Status based on Sexual Orientation and/or Gender Identity (2012)
ILGA World, State-Sponsored Homophobia (edizioni e mappe comparative più recenti)
FRA – Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali, A long way to go for LGBTI equality (2020)
Documenti e linee guida su accoglienza, salute e protezione da violenza di genere per richiedenti asilo e rifugiati (standard OMS e UNHCR)
