Che cos'è la Memoria?

Hai mai provato a studiare ripetendo per ore senza risultati, per poi scoprire che ricordi perfettamente quella canzone ascoltata una volta sola? O ti sei mai chiesto perché un profumo può riportarti indietro di anni in un istante, mentre fatichi a ricordare cosa hai mangiato ieri sera? La verità è che la tua memoria non funziona come pensi. Non è un registratore che cattura fedelmente ogni momento, né un archivio polveroso dove recuperare ricordi intatti. È qualcosa di molto più affascinante: ogni volta che ricordi, in realtà stai ricreando quel momento, mescolando passato e presente, fatti ed emozioni. In questo articolo scoprirai come funziona davvero la memoria, perché a volte ti tradisce e, soprattutto, come sfruttare al meglio il suo incredibile potenziale. Spoiler: non serve ripetere mille volte. Serve qualcosa di molto più intelligente.

PSICOLOGIA

Francesco Gardona

10/9/202510 min leggere

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Cos'è davvero la memoria?

Quando ricordiamo qualcosa, non stiamo semplicemente "riproducendo" un file salvato nel nostro cervello, come farebbe un computer. La memoria è un processo molto più affascinante e complesso: ogni volta che richiamiamo un ricordo, in realtà lo ricostruiamo, mescolando l'informazione originale con le nostre esperienze, emozioni e conoscenze attuali.

Questa caratteristica della memoria umana la rende insieme potente e fallibile. Da un lato, ci permette di dare senso alle nostre esperienze integrandole in una narrazione coerente della nostra vita. Dall'altro, significa che i nostri ricordi non sono mai completamente "fedeli" all'evento originale, ma sono continuamente reinterpretati attraverso la lente del nostro presente.

A livello biologico, la memoria coinvolge complesse strutture cerebrali, in particolare la neocorteccia e l'ippocampo, che lavorano insieme per immagazzinare, organizzare e recuperare informazioni. Ma andiamo per gradi e scopriamo come la scienza ha svelato i segreti della memoria.

Un viaggio nella storia: i pionieri della memoria

Ebbinghaus e le sue sillabe senza senso

Alla fine dell'Ottocento, Hermann Ebbinghaus fu il primo a studiare scientificamente la memoria. Il suo esperimento? Memorizzare lunghe liste di sillabe senza significato (come "baf", "zop", "kul") per capire quanto tempo servisse per ricordarle.

Perché sillabe senza senso? Ebbinghaus voleva eliminare qualsiasi variabile che potesse influenzare la memorizzazione: niente significati, niente emozioni, niente associazioni con conoscenze pregresse. Voleva studiare la memoria "pura". Le sillabe venivano presentate a un ritmo costante di 150 al minuto, e lui stesso si sottoponeva a questi estenuanti esperimenti.

Scoprì qualcosa che tutti gli studenti conoscono bene: più la lista è lunga, più ripetizioni servono! Ma fece anche un'altra scoperta fondamentale: la curva dell'oblio. Ebbinghaus notò che dimentichiamo rapidamente subito dopo aver appreso qualcosa, e poi il processo di dimenticanza rallenta. Questo spiega perché è così importante ripassare il materiale poco dopo averlo studiato per la prima volta.

Bartlett e la memoria che "tradisce"

Negli anni '30, Frederick Bartlett fece un esperimento geniale che rivoluzionò la comprensione della memoria. Chiese a persone di cultura occidentale di leggere una storia tradizionale dei nativi americani del Nord America, ricca di elementi culturali molto diversi da quelli europei.

Il risultato? Quando i partecipanti dovevano raccontare la storia dopo averla letta, ognuno la ricordava a modo suo. Alcuni aggiungevano dettagli che riflettevano la propria cultura, altri omettevano parti che trovavano "strane" o incomprensibili, altri ancora distorcevano la trama per renderla più coerente con i propri schemi mentali.

La conclusione di Bartlett fu rivoluzionaria: la nostra memoria non è neutra, ma filtra tutto attraverso le nostre esperienze personali, le nostre credenze e i nostri schemi culturali. Non siamo registratori passivi di informazioni, ma interpreti attivi che ricostruiscono i ricordi secondo le proprie categorie mentali. Questo studio aprì la strada alla comprensione della memoria come processo di rielaborazione attiva.

Il modello dei "tre magazzini": come funziona davvero la memoria

Negli anni '60, Richard Atkinson e Richard Shiffrin proposero il modello modale (o del "multi magazzino"), che rimane uno dei più influenti nella psicologia cognitiva. Questo modello immagina la memoria come tre contenitori diversi, ciascuno con caratteristiche specifiche:

1. La Memoria Sensoriale: il lampo che cattura il mondo

È il primo filtro che entra in contatto con la realtà esterna. La memoria sensoriale raccoglie tutto ciò che vediamo, sentiamo, tocchiamo, annusiamo e gustiamo, ma lo conserva per una frazione di secondo (da mezzo secondo a due secondi al massimo). È come una fotografia ad altissima risoluzione che svanisce quasi istantaneamente.

La memoria sensoriale si divide in diversi tipi:

  • Memoria iconica: per gli stimoli visivi

  • Memoria ecoica: per quelli uditivi

  • Memoria olfattiva, tattile e gustativa: per gli altri sensi

Una caratteristica fondamentale della memoria sensoriale è che è pre-attentiva: cattura le informazioni prima ancora che noi prestiamo loro attenzione consapevole. Inoltre, copia letteralmente lo stimolo esterno senza rielaborazioni.

L'esperimento brillante di Sperling: Nel 1960, George Sperling condusse un esperimento che divenne un classico della psicologia cognitiva. Mostrò ai partecipanti una griglia con 12 lettere disposte in tre righe da quattro lettere ciascuna, per appena 50 millisecondi. Quando chiedeva di ricordarne il più possibile (procedimento a "resoconto totale"), i partecipanti riuscivano a nominarne solo 4, pur giurando di averle viste tutte e 12!

Sperling però non si fermò qui. Modificò l'esperimento usando il procedimento a "resoconto parziale": invece di chiedere di ricordare tutte le lettere, un segnale acustico indicava quale delle tre righe doveva essere richiamata. Se il segnale arrivava immediatamente dopo la presentazione, tutti ricordavano perfettamente le 4 lettere della riga indicata. Ma se il segnale ritardava anche solo di una frazione di secondo, le lettere già iniziavano a svanire dalla memoria, e le prestazioni peggioravano proporzionalmente all'aumento dell'intervallo.

Conclusione: la memoria sensoriale esiste, ha una grande capacità (possiamo catturare molte informazioni contemporaneamente), ma decade velocissimo. L'informazione è codificata nella stessa forma dello stimolo originario, ma se non viene trasferita rapidamente alla memoria a breve termine attraverso l'attenzione, va perduta per sempre.

2. La Memoria a Breve Termine: i famosi "7 elementi"

Una volta che prestiamo attenzione a uno stimolo nella memoria sensoriale, questo passa alla memoria a breve termine, dove le informazioni durano circa 30 secondi se non vengono ripetute attivamente. Ma quante informazioni possiamo tenere contemporaneamente in questa "sala d'attesa" mentale?

La risposta venne da George Miller nel 1956, che scoprì il "magico numero 7 (più o meno 2)": riusciamo a ricordare tra 5 e 9 elementi alla volta. Che siano numeri di telefono, parole di una lista della spesa o nomi di persone appena conosciute, oltre quella soglia iniziamo a dimenticare.

Miller chiamò questi elementi "chunks" (letteralmente "pezzi" o "blocchi"). La cosa interessante è che un chunk può essere una singola lettera, una sillaba, una sigla o anche un'intera parola: ciò che conta è che venga trattato come un'unità singola. Questo spiega perché è più facile ricordare il numero "1492" (un chunk: l'anno della scoperta dell'America) piuttosto che "1", "4", "9", "2" (quattro chunks separati).

La velocità di recupero dalla memoria a breve termine dipende dal numero di informazioni presenti: con poche informazioni, il recupero è velocissimo; con molte informazioni, ci vuole più tempo per scandagliare mentalmente tutti gli elementi.

La funzione principale della memoria a breve termine è mantenere attivo materiale parzialmente elaborato, permettendoci di manipolarlo mentalmente. Pensate a quando fate un calcolo a mente: dovete tenere presenti i numeri e i risultati parziali mentre procedete.

Secondo il modello di Atkinson e Shiffrin, i contenuti possono passare dalla memoria sensoriale a quella a breve termine attraverso l'attenzione, e dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine attraverso la reiterazione (ripetizione).

3. La Memoria a Lungo Termine: l'archivio (quasi) infinito

È dove conserviamo ricordi, conoscenze, abilità per anni o per tutta la vita. A differenza della memoria a breve termine, quella a lungo termine sembra avere una capacità praticamente illimitata e una durata potenzialmente permanente.

La perdita di informazioni dalla memoria a lungo termine non avviene tanto per un reale "cancellamento" dei dati, quanto per interferenza (altri ricordi simili che si sovrappongono) o per difficoltà di accesso (l'informazione c'è, ma non riusciamo a recuperarla). Questa è la differenza tra "disponibilità" e "accessibilità": un ricordo può essere disponibile nella nostra mente ma non accessibile al momento.

A livello cerebrale, mentre la memoria a breve termine è legata principalmente all'ippocampo, la memoria a lungo termine coinvolge estensivamente la neocorteccia.

La memoria a lungo termine si divide in due grandi categorie:

  • Memoria dichiarativa (o esplicita): contiene fatti, persone, eventi che possiamo esprimere a parole. Include la memoria episodica (ricordi di esperienze personali, come "la mia laurea") e la memoria semantica (conoscenze generali, come "Roma è la capitale d'Italia").

  • Memoria procedurale (o implicita): coinvolge abilità motorie, procedure, abitudini, condizionamenti ed emozioni che non sappiamo spiegare facilmente a parole. Quando andate in bicicletta, suonate uno strumento o allacciate le scarpe, state usando la memoria procedurale. È il "sapere come" invece del "sapere che".

Le critiche al modello e la svolta: non basta ripetere!

Il modello modale di Atkinson e Shiffrin ha avuto un'enorme influenza e ha consentito di illustrare in modo dettagliato i processi di memoria. Tuttavia, presenta alcune criticità. La principale è che formalizza forse eccessivamente il processo di memoria, presentandolo come una sequenza meccanica di passaggi da un magazzino all'altro.

Soprattutto, presuppone che il passaggio dalla memoria a breve termine a quella a lungo termine avvenga attraverso una modalità meccanica e passiva: la ripetizione. Più ripeti, più memorizzi. Ma è davvero così semplice?

Negli anni '70, Fergus Craik e Robert Lockhart proposero un'alternativa rivoluzionaria: la teoria della profondità di elaborazione (o "profondità di codifica"). Secondo questa teoria, ciò che determina se un'informazione verrà ricordata non è tanto quante volte la ripetiamo, ma quanto profondamente la elaboriamo.

L'esperimento che cambia tutto

Craik insieme a Endel Tulving condusse un esperimento elegante per dimostrare questa teoria. Sottoposero i partecipanti a tre tipi diversi di compiti con delle parole:

  1. Compito superficiale (ortografico): "Questa parola è scritta in maiuscolo o minuscolo?" - Richiede solo di guardare la forma delle lettere.

  2. Compito intermedio (fonetico): "Con quale parola fa rima?" - Richiede di processare il suono della parola.

  3. Compito profondo (semantico): "Questa parola può completare la seguente frase in modo sensato?" - Richiede di comprendere il significato della parola e collegarla ad altre conoscenze.

Dopo aver completato questi compiti, tutti i partecipanti vennero sottoposti inaspettatamente a un test di riconoscimento: vennero loro mostrate diverse parole, chiedendo quali erano già state incontrate nei compiti precedenti.

Il risultato fu chiaro e sorprendente: le parole sottoposte al compito semantico erano ricordate molto meglio di quelle degli altri due compiti! Non contava quante volte le avevano viste o ripetute, ma quanto profondamente le avevano elaborate.

Il segreto per memorizzare davvero

Secondo Craik e Lockhart, un contenuto si fissa nella memoria a lungo termine quando:

  • È collegato a conoscenze che già possediamo

  • Ha un significato emotivo per noi

  • È organizzato in modo chiaro, ordinato e gerarchico

  • È rielaborato con parole nostre e integrato nel nostro patrimonio culturale

  • È strutturato in modo da evidenziare legami e connessioni con altre informazioni

"Andare in profondità" significa mettere in luce i legami e memorizzare qualcosa che non è isolato ma collegato ad altre informazioni. È la differenza tra imparare una formula a memoria senza capirla e comprendere i principi che stanno dietro quella formula.

Questo spiega perché spesso ricordiamo facilmente informazioni che ci appassionano o che riguardano i nostri hobby, mentre fatichiamo con argomenti che studiamo solo per obbligo: nel primo caso, naturalmente elaboriamo in profondità, facciamo collegamenti, ci emozioniamo; nel secondo, spesso ci limitiamo a una ripetizione superficiale.

Applicazioni pratiche: come usare queste scoperte nella vita reale

A scuola e all'università: studiare meglio, non di più

Le scoperte sulla memoria hanno implicazioni dirette su come dovremmo studiare. Il modello di Atkinson e Shiffrin suggerisce l'importanza della ripetizione: ripassare il materiale più volte aiuta a consolidarlo nella memoria a lungo termine. Ma le osservazioni di Craik e Lockhart ci dicono che possiamo fare di meglio.

Invece di ripetere meccanicamente, prova a:

  • Creare schemi e mappe mentali: organizzare visivamente le informazioni aiuta a evidenziare le relazioni tra i concetti

  • Collegare nuovi concetti a ciò che già sai: "Questo mi ricorda...", "È simile a...", "È diverso da... perché..."

  • Spiegare l'argomento con parole tue a qualcuno: quando devi riformulare un concetto per spiegarlo, lo elabori in profondità

  • Fare esempi concreti: trasformare concetti astratti in situazioni concrete aiuta la memorizzazione

  • Porsi domande sul materiale: "Perché?", "Come?", "Cosa succederebbe se...?"

  • Organizzare gerarchicamente: partire dai concetti generali e scendere nei dettagli

Esistono anche mnemotecniche specifiche per ricordare nomi, liste di elementi, date storiche, volti, parole. Una delle più antiche e efficaci è la tecnica dei Loci di Cicerone (il famoso oratore romano): consiste nell'immaginare di collocare ogni concetto o porzione di discorso in una stanza o tappa di un luogo familiare e conosciuto. Quando devi ricordare, percorri mentalmente il tragitto e "raccogli" in ogni tappa la porzione di informazione che avevi collocato lì. Funziona perché sfrutta la nostra potente memoria spaziale.

Nel lavoro: l'apprendimento non finisce mai

La memorizzazione di materiale di studio non riguarda solamente studenti, ma anche professionisti. Nel mondo del lavoro contemporaneo, il Lifelong Learning (apprendimento continuo) è fondamentale: le competenze si evolvono rapidamente e aggiornarsi costantemente è una necessità.

Che tu debba imparare un nuovo software, studiare normative aggiornate, apprendere tecniche innovative nel tuo campo o prepararti per una presentazione importante, le stesse strategie di memorizzazione profonda si applicano. Anzi, da adulti abbiamo un vantaggio: un patrimonio di conoscenze pregresse molto più ampio a cui collegare nuove informazioni.

In ambito clinico: quando la memoria si ammala

La neuropsicologia si occupa di studiare, valutare e riabilitare le funzioni cognitive, tra cui la memoria. Attraverso strumenti psicometrici specifici, è possibile diagnosticare deficit di memoria dovuti a deterioramento cognitivo, traumi cranici o lesioni cerebrali.

Esistono diversi tipi di deficit di memoria:

  • Amnesia retrograda: la persona non ricorda cosa è successo prima dell'evento traumatico. Può essere limitata a un periodo specifico o estendersi a anni di vita precedenti.

  • Amnesia anterograda: la persona non riesce a formare nuovi ricordi dopo l'evento traumatico. Può ricordare il passato, ma non ricorda cosa è successo pochi minuti fa.

Questi deficit possono avere un impatto devastante sulla qualità della vita. Immaginate di non poter ricordare le persone che incontrate, le conversazioni che avete, o dove avete messo le chiavi cinque minuti fa.

Fortunatamente, attraverso appositi memory training è possibile recuperare parzialmente o, in alcuni casi, totalmente i deficit. Anche quando il recupero completo non è possibile, si possono insegnare strategie compensative per minimizzare l'impatto delle amnesie sulla quotidianità: uso di diari, promemoria, routine strutturate, etichette e segnali ambientali.

Conclusione: la memoria come processo creativo

La memoria non è un hard disk che registra passivamente informazioni in modo fedele e immutabile. È un processo attivo, creativo e profondamente personale. Ogni volta che ricordiamo, ricostruiamo. Ogni volta che impariamo, integriamo il nuovo con il vecchio.

Capire come funziona la memoria ci permette di sfruttarla meglio nella nostra vita quotidiana. Non serve ripetere all'infinito in modo meccanico: serve comprendere profondamente, connettere, rielaborare e dare significato.

Il nostro cervello è una macchina straordinaria che non si limita ad archiviare informazioni, ma le interpreta, le collega, le organizza in narrazioni coerenti. Quando studiamo, lavoriamo o semplicemente viviamo le nostre esperienze, non stiamo riempiendo un contenitore vuoto, ma arricchendo una rete di conoscenze interconnesse che definisce chi siamo.

La buona notizia? Il nostro cervello è molto più intelligente e sofisticato di quanto pensiamo. Diamogli gli strumenti giusti - collegamenti significativi, emozioni, organizzazione, comprensione profonda - e farà miracoli. La memoria non è solo una funzione cognitiva: è il fondamento della nostra identità e della nostra capacità di dare senso al mondo.

BIBLIOGRAFIA

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Craik, F. I. M., & Lockhart, R. S. (1972). Levels of processing: A framework for memory research. Journal of Verbal Learning and Verbal Behavior, 11(6), 671-684. https://doi.org/10.1016/S0022-5371(72)80001-X

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Sperling, G. (1960). The information available in brief visual presentations. Psychological Monographs: General and Applied, 74(11), 1-29. https://doi.org/10.1037/h0093759