Quando Decidere Fa Paura: Decisioni Critiche, Difficili e Complesse
"Lascio l'università o continuo?" "Cambio lavoro o resto?" "Vado a quell'evento anche se ci saranno persone che preferirei evitare?" Ogni giorno si prendono decisioni. Ma non tutte le decisioni sono uguali. Alcune sono semplici, quasi automatiche. Altre invece pesano, bloccano, paralizzano. Esiste una classificazione delle situazioni decisionali che aiuta a comprendere perché certe scelte risultano così difficili mentre altre scorrono via senza apparente sforzo. Questa classificazione, elaborata dalla scuola strategica di psicoterapia di Arezzo attraverso l'osservazione clinica, identifica sei tipologie di decisioni. Oggi ne esploreremo tre: le decisioni critiche, le decisioni difficili e le decisioni complesse. Comprendere in quale categoria rientra la decisione che si sta affrontando può fare la differenza tra la paralisi indecisa e l'azione consapevole.
Francesco Gardona
11/14/20256 min leggere
Le Decisioni Critiche: Quando Non Si Può Tornare Indietro
Le decisioni critiche sono quelle che richiedono di operare una scelta onerosa, che in seguito sarà molto difficile o addirittura impossibile da modificare. Il tema centrale non è tanto la complessità della valutazione quanto l'irreversibilità della scelta.
Una volta deciso, non si può più – o solo con grande difficoltà – cambiare l'esito. E questa consapevolezza pesa enormemente sul momento della decisione.
Si pensi alla scelta di lasciare l'università. Una volta mollata, tornare indietro diventa psicologicamente difficile: ci si sente falliti, si devono affrontare domande e giudizi altrui, si deve ammettere di aver sbagliato. Anche se tecnicamente si potrebbe re-iscriversi, la barriera emotiva è altissima.
O si consideri la decisione di cambiare lavoro. Una volta data le dimissioni e iniziato altrove, tornare indietro diventa complicato. L'azienda precedente potrebbe non riassumere. Il proprio ruolo potrebbe essere stato assegnato ad altri. E comunque, presentarsi nuovamente dopo essere andati via porta con sé un carico di imbarazzo e perdita di credibilità.
Sono decisioni che inaugurano un cambiamento difficilmente reversibile. Non si tratta di provare qualcosa e vedere come va, con la possibilità di tornare sui propri passi se non funziona. Si tratta di scegliere una strada sapendo che difficilmente si potrà percorrere quella alternativa in un secondo momento.
Proprio questa irreversibilità rende le decisioni critiche particolarmente pesanti. Si ha la sensazione di giocarsi tutto su una sola carta. E se si sbagliasse? Se quella che sembra la scelta giusta oggi si rivelasse un errore domani? L'impossibilità di correggere la rotta genera ansia, esitazione, procrastinazione.
Di fronte a una decisione critica, è importante riflettere bene prima di scegliere. Non nel senso di rimandarla indefinitamente, ma di prendersi il tempo necessario per esaminare tutti i prevedibili o intuibili esiti di una decisione piuttosto che dell'altra.
Esistono strumenti che possono aiutare in questo processo. Nell'ambito aziendale, commerciale, di marketing, uno dei più diffusi è la matrice SWOT – quello schema che serve a valutare le opportunità, i rischi, i punti di forza e i punti di debolezza di un certo progetto. Perché ogni decisione, in fondo, è la creazione di un progetto: nel momento in cui si decide, si ha l'idea di generare un cambiamento.
E proprio il cambiamento porta con sé un alone di ambivalenza. Da un lato può essere desiderato, eccitante, promettente. Dall'altro fa paura. Si lascia il conosciuto per l'ignoto. Si abbandona ciò che, per quanto insoddisfacente, è almeno familiare. E questa paura del cambiamento – che esploreremo meglio quando parleremo delle paure decisionali – spesso blocca.
Le decisioni critiche richiedono coraggio non tanto nel momento dell'esecuzione, ma nel momento dell'accettazione dell'irreversibilità. Bisogna fare pace con il fatto che, una volta deciso, quella porta si chiuderà. E accettare questa chiusura è forse la parte più difficile.
Le Decisioni Difficili: Quando Si Sa Cosa Fare Ma Non Si Vuole Accettarlo
Le decisioni difficili sono di natura completamente diversa dalle critiche. Qui la scelta è semplice nel senso che si sa benissimo cosa si deve fare. Non serve fare un bilancino, non bisogna pesare pro e contro, non c'è incertezza su quale sia l'opzione giusta.
Il problema non sta nella scelta in sé. Sta nell'accettare le conseguenze di quella scelta.
La difficoltà non risiede nel capire quale sia la decisione giusta da prendere, ma nell'accettare che questa avrà degli effetti indesiderati inevitabili per sé o per le persone che stanno attorno. E questi effetti possono essere così sgraditi da rendere la decisione – per quanto chiaramente giusta – estremamente difficile da mettere in atto.
Le decisioni morali con conseguenze pratiche sono l'esempio paradigmatico. Dal punto di vista etico, si sa benissimo quale sarebbe la scelta giusta. Ma da un punto di vista pragmatico, pratico, quella scelta comporterebbe ripercussioni che si fa fatica ad accettare.
Si pensi a una situazione classica: si viene invitati a un evento sociale dove saranno presenti parenti con cui i rapporti sono tesi, sgraditi, forse conflittuali. La scelta "giusta" – quella che rispetta i legami familiari, che evita di creare ulteriori fratture, che soddisfa le aspettative sociali – è andare. Lo si sa. Non c'è incertezza.
Ma le ripercussioni pratiche? Dover sopportare ore di disagio, dover fingere cordialità, dover gestire tensioni irrisolte, magari subire critiche velate o esplicite. Queste conseguenze sono così sgradite che, pur sapendo qual è la scelta giusta, si fa una fatica enorme ad accettare di metterla in atto.
O si consideri la decisione di lasciare una relazione che si sa essere dannosa. Dal punto di vista razionale, la scelta è chiara: quella relazione non funziona, fa male, non ha futuro. Lo si sa. Ma accettare le conseguenze – la solitudine, il senso di fallimento, il dolore dell'altra persona, il giudizio sociale, dover ricominciare da capo – rende quella decisione "semplice" tremendamente difficile.
Le decisioni difficili richiedono un tipo particolare di coraggio: non il coraggio di capire cosa è giusto, ma il coraggio di accettare il prezzo di ciò che è giusto. E a volte quel prezzo sembra troppo alto, anche quando si sa che pagarlo è necessario.
Le Decisioni Complesse: Quando Bisogna Capire Prima di Scegliere
Le decisioni complesse rappresentano un terzo tipo di sfida. Qui non si deve scegliere tra opzioni già chiare, ma si deve prima comprendere una situazione articolata per poter poi prendere una decisione informata.
Il tema non ha a che vedere con la scelta effettiva tra gli elementi in gioco, ma nel comprendere il contesto che consente poi di decidere. La complessità del problema o della situazione consiste nella difficoltà della sua comprensione e richiede un'attenta analisi delle interdipendenze tra i fattori in gioco.
Si immagini di dover decidere se accettare un nuovo incarico professionale. A prima vista potrebbe sembrare una decisione semplice: più responsabilità, più soldi, forse più prestigio. Ma quando si comincia ad analizzare la situazione, emergono innumerevoli fattori interconnessi.
Come cambierebbe l'equilibrio vita-lavoro? Quali competenze servirebbero e quanto tempo ci vorrebbe per svilupparle? Come reagirebbe la famiglia a maggiori impegni? Quali sarebbero le implicazioni per la carriera a lungo termine? E i colleghi attuali? E la cultura aziendale del nuovo contesto? E le prospettive di crescita futura?
Ogni fattore si collega ad altri in una rete di interdipendenze che rende difficile prevedere cosa accadrebbe realmente se si accettasse. Non è che non si sappia cosa scegliere – è che non si ha ancora una comprensione sufficiente della situazione per poter scegliere con cognizione di causa.
Le decisioni complesse richiedono tempo per l'analisi. Richiedono di raccogliere informazioni, di parlare con persone che hanno esperienza in contesti simili, di scomporre la situazione nei suoi elementi costitutivi per poi capire come questi si influenzano reciprocamente.
Non serve necessariamente arrivare a una comprensione completa ed esaustiva – spesso questo è impossibile. Ma serve raggiungere una comprensione sufficiente per poter fare una scelta informata piuttosto che cieca.
Gli strumenti di analisi sistemica possono essere utili qui: mappe concettuali che visualizzano i fattori e le loro connessioni, analisi di scenario che esplorano cosa accadrebbe in diverse configurazioni possibili, consultazioni con esperti che hanno già navigato situazioni simili.
Tre Tipi di Difficoltà, Tre Tipi di Paura
Perché è importante distinguere tra questi tre tipi di decisioni? Perché ognuna porta con sé un diverso tipo di difficoltà e, conseguentemente, un diverso tipo di paura.
Le decisioni critiche generano la paura dell'irreversibilità: e se sbaglio e non posso più tornare indietro? Questa paura può paralizzare, portare a rinviare indefinitamente la decisione, a cercare garanzie impossibili che quella sia la scelta giusta.
Le decisioni difficili generano la paura delle conseguenze: so cosa dovrei fare, ma non voglio pagare il prezzo. Questa paura può portare a razionalizzazioni, a cercare giustificazioni per non fare ciò che si sa essere giusto, a sperare che miracolosamente la situazione si risolva da sola.
Le decisioni complesse generano la paura dell'ignoto: non capisco abbastanza la situazione, come posso decidere? Questa paura può portare a una paralisi analitica, a cercare sempre più informazioni senza mai sentirsi pronti, a rimandare la decisione in attesa di una chiarezza che potrebbe non arrivare mai.
Riconoscere in quale categoria rientra la decisione che si sta affrontando aiuta a identificare quale tipo di paura si sta sperimentando. E identificare la paura è il primo passo per affrontarla in modo costruttivo.
Conclusione: Decidere Consapevolmente
Non tutte le decisioni sono uguali. Alcune richiedono coraggio per accettare l'irreversibilità. Altre richiedono coraggio per accettare conseguenze sgradite ma inevitabili. Altre ancora richiedono pazienza per analizzare situazioni complesse prima di poter scegliere.
Capire con quale tipo di decisione si ha a che fare non rende la scelta automaticamente più facile. Ma toglie quella confusione che spesso accompagna i momenti decisionali difficili: "Perché faccio così fatica? Perché mi sento bloccato?"
Forse si fa fatica perché quella decisione è critica e si ha paura di non poter tornare indietro. O perché è difficile e si fa resistenza ad accettare le conseguenze che si sanno essere inevitabili. O perché è complessa e non si è ancora compresa abbastanza la situazione.
E una volta identificato il tipo di difficoltà, si può lavorare in modo più mirato. Non si cerca di forzare una scelta quando ciò che serve è prima comprendere meglio. Non si rimane paralizzati nell'analisi quando il problema non è la mancanza di informazioni ma l'accettazione delle conseguenze.
Decidere resta difficile. Ma decidere consapevolmente del tipo di difficoltà che si sta affrontando è già un passo avanti.
Quale decisione si sta procrastinando in questo momento? È una decisione critica, difficile o complessa? E come cambierebbe l'approccio se si riconoscesse chiaramente in quale categoria rientra?
Bibliografia
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